La riflessione sul conflitto che nell’ambito dell’agire umano intercorre tra il singolo individuo e l’intero degli individui è all’origine dell’impegno filosofico di Hölderlin rivolto al problema della pensabilità e realizzabilità della comunità etica. La sua proposta teorica si delinea nel confronto critico con il plesso sistematico di filosofia morale e filosofia della religione che contraddistingue l’impostazione e la soluzione di Kant alla questione della comunità etica. Nel problematizzare l’intelligibilità della legge morale kantiana Hölderlin mette in atto un processo di erosione e di delegittimazione della fondazione morale della religione, il cui esito è un radicale ripensamento della vocazione pratica della religione nei termini di una dimensione normativa inedita in grado di orientare l’agire umano. Hölderlin prospetta la pacificazione del conflitto tra il singolo e l’intero nella religione in virtù della determinazione del principio che regola e istanzia la relazione reciproca tra i singoli individui, e rende infine concepibile e realizzabile la comunità degli uomini come un’unificazione vivente nella quale si profila un concetto di Dio inatteso.
A conclusione degli anni di formazione universitaria e poco prima di lasciare il collegio teologico di Tubinga, nel settembre 1793 Hölderlin scrive al fratello Karl una lettera estremamente importante, e non solo per il suo contenuto filosofico, ma anche per il suo carattere allo stesso tempo di compimento e inaugurazione. Ciò la rende una lettera significativa sotto un duplice profilo, da un lato perché essa consente di gettare un certo sguardo retrospettivo sul periodo degli studi giunto al termine, e dall’altro perché tratteggia in una visione prospettica la direzione intrapresa da Hölderlin che segnerà fortemente gli anni successivi. Nell’idea di umanità che attraversa, puntella e profila le riflessioni contenute nella lettera sta quello che si potrebbe definire il punto di equilibrio tra la formazione ormai compiuta e il percorso di maturità filosofica che va iniziando. Per come viene presentata e per il ruolo che svolge, l’idea di umanità non testimonia una generica adesione di Hölderlin agli ideali del programma illuministico, ma segnala invece un chiaro debito nei confronti dell’impostazione kantiana della questione nei termini di un progresso innanzitutto morale e di conseguenza poi anche politico.
L’orizzonte di comprensione dell’idea di umanità riguarda tanto il singolo individuo, quindi l’essere umano, quanto l’intero degli individui nel senso della nozione di genere umano, e fornisce le coordinate per impostare senza soluzione di continuità, e quindi di fatto in modo a prima vista non problematico, il rapporto tra l’individuale e l’universale. Collocandosi proprio all’interno di un tale orizzonte teorico, Hölderlin nella lettera al fratello dà una prima formulazione di quel conflitto tra il singolo e l’intero in prospettiva assiologica che in seguito si rivelerà per lui sempre più come il problema filosofico da risolvere. In questa prima versione il conflitto viene gestito e conciliato sulla base dello strumentario concettuale kantiano a cui Hölderlin attinge su due piani, quello antropologico e di filosofia della storia e quello trascendentale. L’adesione consapevole a una tale impostazione non prova soltanto una conoscenza ampia e rigorosa del pensiero di Kant, maturata negli anni di permanenza nello Stift e portata avanti anche successivamente, ma denota anche una fiducia nelle risorse che esso rende disponibile per pensare e conciliare il conflitto tra il singolo e l’intero.