Barbara Santini è docente a contratto di Filosofia della religione presso il Dipartimento FISPPA dell’Università degli Studi di Padova. I suoi principali interessi di ricerca si rivolgono alla filosofia classica tedesca, alla filosofia della religione in rapporto anche alla filosofia morale, all’antropologia filosofica e al dibattito contemporaneo su metafisica e modernità. Ha pubblicato diversi contributi su questi temi e la monografia Soggetto e fondamento in Hölderlin tra filosofia trascendentale e pensiero speculativo (Trento 2013).
La filosofia di Kant rappresenta per Hölderlin un termine di confronto costante nella formazione e nell’elaborazione della propria prospettiva di pensiero. Dalla filosofia kantiana Hölderlin prende le mosse come se si trattasse di un’eredità che ha in sé il risvolto di un compito a cui dedicarsi, dischiudendo nuovi scenari di indagine. Alla filosofia kantiana Hölderlin poi ritorna in momenti cruciali del suo percorso filosofico, come fosse una fonte a cui attingere o il lume con cui orientarsi per ricalibrare il proprio lavoro filosofico. Nell’avvicendarsi di allontanamenti e ritorni, Hölderlin non smette di guardare alla filosofia kantiana come persistente motivo di ispirazione e allo stesso tempo come riferimento con cui misurarsi criticamente. Entrambi gli aspetti contribuiscono alla configurazione di un’originalità filosofica che potrebbe definirsi un superamento critico di Kant nella fedeltà allo spirito dell’intero sistema kantiano.
L’andamento di questo confronto si lascia descrivere come una sorta di spirale aurea, nella quale la filosofia di Kant è un punto d’origine attorno a cui il pensiero di Hölderlin si muove, ruotando e descrivendo curve sempre più ampie che insistono però proporzionalmente su quel medesimo punto e lo confermano come tale. Una prova senza dubbio inequivocabile del ruolo decisivo che la filosofia kantiana riveste per Hölderlin è l’epistolario. Esso testimonia infatti l’assiduità dello studio di Kant, la ricezione dell’impianto strutturale della filosofia trascendentale, nonché l’appropriazione di alcuni suoi nuclei fondamentali e la capacità di renderli produttivi nella costruzione di una propria identità teorica all’interno della rete di scambi e relazioni di influenza che contraddistingue la costellazione post-kantiana. L’epistolario mostra però anche l’emergere di un’istanza trasformativa che si fa progressivamente preponderante fino ad assumere una concreta realizzazione nella vocazione a pensare da sé, a cui lo stesso insegnamento kantiano esorta. Diverse sono le direttrici lungo le quali si dispiega in modo prismatico questa istanza trasformativa, ma unitario appare il suo tratto essenziale. Ciò che sospinge Hölderlin in direzione della propria maturità filosofica sembra essere a tutti gli effetti un’esigenza critica di oltrepassare la linea di confine kantiana, esercitando un movimento di effrazione dall’interno.