Luciano Sesta, La città di Antigone. Etica, diritto naturale e persona in Robert Spaemann
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L’idea di “diritto naturale”, nonostante alcuni tentativi di recuperarne le istanze più attuali, evoca ancora lo spettro di un’entità metafisica indipendente, incompatibile sia con il più fondamentale diritto di autodeterminazione della persona, sia con la “modernità” di una ragione ormai emancipata da ogni arcaico riferimento alla “natura”. In un simile quadro, la proposta di Robert Spaemann spicca per l’originalità del modo in cui coniuga l’istanza classica del diritto naturale con la sensibilità moderna per il primato della persona sulla natura e della ragion pratica sulla ragione speculativa. Il presente saggio contiene un’ampia e articolata presentazione di questo tentativo di sintesi, ricostruendone lo svolgimento e sforzandosi di mantenere una duplice fedeltà: ai testi dell’Autore, da un lato, e all’esigenza di sviluppare ulteriormente le questioni che essi pongono, dall’altro lato. Ne emerge una prospettiva in cui il significato più autentico, e spesso frainteso, del “diritto naturale”, si lascia apprezzare solo nel paradosso espresso dal tradizionale concetto di recta ratio: la ratio, infatti, è detta recta in riferimento a una natura che non è però accessibile naturalisticamente, e dunque a prescindere da quella stessa ratio che vi si conforma quando è recta. Delineando le implicazioni di questo paradosso in ambito etico, giuridico-politico e antropologico, Spaemann prende le distanze tanto dal naturalismo quanto dal personalismo, per imboccare la terza via di una prospettiva in cui l’idea aristotelica di natura non esclude, ma richiede, quella kantiana di persona.