Un’indagine sul rapporto tra il soggetto umano e la verità deve riconoscere un posto di rilievo all’atto di assenso e allo stato di credenza che ne consegue. Il presente lavoro prende la critica del volontarismo doxastico (cioè della tesi per cui è possibile decidere che cosa credere) come occasione per un’ampia indagine dei rapporti tra credenza, assenso, volontà, responsabilità, ragioni e verità. La prima parte è un’esplorazione fenomenologica che consente di familiarizzare con alcune nozioni e figure differenti: le situazioni di dubbio, la sospensione del giudizio, la struttura della ricerca e i suoi rapporti con i contesti epistemici, gli atteggiamenti affini, ma irriducibili all’assenso (l’assumere, l’ipotizzare, il tenere-come-se-fosse-vero). Qui sono considerati pure il fenomeno dell’autoinganno e dello wishful thinking, oltre che la questione dell’irriducibilità della fede religiosa ad una specie di credenza proposizionale. La seconda parte è un’indagine volta a mostrare l’impossibilità del controllo diretto dei propri atti d’assenso e dunque delle proprie credenze. Naturalmente, viene discusso il celebre argomento di Bernard Williams contro il volontarismo doxastico e ne è proposta una ristrutturazione che lo mette in salvo dalle maggiori obiezioni che gli sono state mosse. Poiché la norma costitutiva della credenza è la norma del vero, allora il credere sta in un rapporto con le considerazioni evidenziali (o ragioni) che rende assurda l’ipotesi di creder vera una proposizione per volontà.