Vladimir Jankélévitch

Vladimir Jankélévitch (Bourges 1903-Parigi 1985), filosofo ebreo di origine russa naturalizzato francese, ha insegnato alla Sorbona dal 1951 al 1977. La sua opera, tra le più originali del Novecento, si situa all’incrocio dei linguaggi dell’etica, della musica e dell’antropologia. Tra le principali traduzioni italiane dei suoi lavori: La musica e l’ineffabile (Napoli 1983), L’ironia (Genova 1987), Il Non-so-che e il Quasi-niente (Genova 1987), La morte (Torino 2009), Il puro e l’impuro (Torino 2014).

Una problematica onnipresente

Della filosofia morale è più facile, in realtà, dire che cosa non è e con quali prodotti sostitutivi si rischia di scambiarla. Dobbiamo perciò incominciare da questa “filosofia negativa” o apofatica. Evidentemente, la filosofia morale non è affatto la scienza dei costumi, se è vero che la scienza dei costumi si ac­contenta di descrivere i costumi al modo indicativo e come uno stato di fatto, senza prendere (all’inizio) partito, né formu­lare preferenze, né proporre giudizi di valore: essa espone sen­za proporre se non indirettamente, di contrabbando e per sot­tintesi; riti, tradizioni religiose, consuetudini giuridiche o usan­ze sociologiche – tutto può servire da documento preparatorio, in vista del vero e proprio discorso morale. Ma come passare dall’indicativo al normativo – e, a fortiori, all’imperativo? Nell’immensa collezione di assurdità, pregiudizi barbarici o stram­bi di cui la storia e l’etnologia ci proiettano il film pittoresco, come scegliere? Davanti a questo oceano di possibilità ipoteti­che e alla fin fine equivalenti in cui tutte le aberrazioni della tirannia sembrano giustificabili, potremo mai trovare un prin­cipio di scelta? una sola ragione per agire? E perché l’uno piuttosto che l’altro? un concetto piuttosto che l’altro? Il principio della preferibilità, nella sua forma elementare, potrebbe riuscire a spiegare il tropismo dell’azione e a calamitare la volontà: ma non trova a che cosa applicarsi in un mondo fondato sul ca­priccio, sull’arbitrio e sull’isostenia dei motivi.

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