Non è escluso che il valore da sempre accordato all’amicizia possa anche oggi avere effetti benefici sul nostro senso civico, se solo riuscissimo a sostituirla alle molte diffidenze da cui invece siamo animati. L’invito è quello di riscoprire l’amicizia attraverso i suoi “ingredienti”, cioè il bisogno di raccontarsi, la condivisione degli ideali, la gratuità e il rispetto, la libera scelta, il legame forte che la caratterizza (anche in una società liquida), l’eguaglianza e l’amore stesso. Con questa riscoperta dovrebbe essere anche superato il pregiudizio che ha dominato la scena della tradizione, e al quale non ha resistito nemmeno l’aperto e lungimirante Montaigne, circa l’incapacità da parte della donna di nutrire vere e proprie amicizie. Qui non si tratta affatto solo di “letture”, ma anche di “ascolti” sagaci, utili a capire, per esempio, perché Lucio Battisti si “malediceva” dopo aver scelto “una donna per amico”.
Sentiamo che cosa ha da dire Cicerone, l’oratore, uomo politico e filosofo romano che scrisse un trattatello specifico sul tema, Lelio o l’amicizia. Si tratta di uno scritto tardo, che ricade nel contesto delle relazioni interumane anche politiche e che fanno sì che il concetto e la prassi dell’amicizia ricadano per Cicerone in un contesto idealistico-umano come pure etico-sociale. Cicerone definisce l’amico «un altro me stesso; l’altro la cui anima si mescola talmente con la mia, da fare quasi una sola cosa dei due». L’amico è insomma qualcuno a cui si vuole bene «senza pensare ad alcun bisogno da soddisfare, ad alcuna utilità da ricevere». E fin qui nulla di particolarmente originale, anzi. Un punto però peculiare dell’analisi di Cicerone è quello dove si dice che l’amico è la persona cui provi piacere a raccontare le tue esperienze. Anzi, aggiunge, partecipare a eventi bellissimi o vedere e ascoltare cose eccellenti senza poterle raccontare a un amico non provoca alcun piacere. Cicerone cita a questo proposito l’aneddoto del tarantino Archita, il quale «era solito ripetere che se qualcuno fosse salito al cielo e avesse contemplato la struttura del mondo e la bellezza degli astri, quella contemplazione non gli avrebbe dato nessun piacere; mentre glielo avrebbe dato grandissimo, s’egli avesse avuto qualcuno cui raccontare la cosa».