Teresa Caporale è dottore di ricerca in Scienze filosofiche presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” (2017) e collabora presso la cattedra di Filosofia morale del Dipartimento di studi umanistici dell’Ateneo federiciano. I suoi studi sono rivolti alla filosofia post-hegeliana con particolare riguardo agli ambiti etico-antropologico e religioso. Ha pubblicato numerosi saggi, fra cui: Credenti e non credenti. Una dicotomia impossibile da superare? (2018); Gli esiti dell’ateismo antropologico di Ludwig Feuerbach (2019); Sul futuro della religione nell’età post-secolare (2020). Ha inoltre tradotto e curato Scritti di Filosofia e Politica di E. Cassirer (2018).
Il nucleo essenziale del pensiero di Feuerbach si può riassumere, come egli stesso dichiara in occasione delle Lezioni tenute ad Heidelberg sull’essenza della religione, in due parole: natura e uomo. Quest’ultimo, in particolare, non è concepito come un individuo isolato, chiuso nel cerchio ristretto della propria soggettività, bensì come un ente dipendente, nel senso che non può esistere se non nella forma della relazione.
La natura a sua volta è concepita in un duplice senso: non solo come il mondo esterno da cui l’uomo dipende, ossia la terra, la luce, l’aria, l’acqua, indispensabili alla sua sussistenza, ma anche come l’essenza stessa dell’uomo, la sua corporeità, sensibilità, finitezza. Essa è, in altre parole, il fondamento sia esterno che interno all’individuo e solo nel primo significato è espressione di un bisogno tipicamente umano: il non poter essere dell’uomo senza la natura. Feuerbach tende ad accentuare il carattere di concretezza di tale sentimento di dipendenza: esso non si presenta mai allo stato puro, come qualcosa di astratto e indeterminato, ma sempre come sentimento ben determinato, come paura della morte, fame, senso di malessere, come necessità di questa terra, di questo suolo, di questa acqua etc. La natura, così intesa, appare all’uomo come vivente, senziente, dotata di volontà e dunque degna di rispetto, ma anche poco disposta a subire dei torti o lasciarsi depredare. Essa svela il suo volto umano, ma nello stesso tempo può mostrare il suo carattere autonomo e talvolta ostile nei confronti dell’individuo. Tale costatazione non annulla la necessità del legame con essa, che resta il fondamento e l’essenza di ogni uomo.