È questa la nuova edizione – in veste rivista e corretta – a distanza di oltre un secolo, di Sentire e pensare, prima opera in cui Donato Jaja sviluppa in maniera ampia e organica il suo sistema filosofico. Assieme alla Ricerca speculativa, essa rappresenta uno dei momenti più alti della riflessione filosofica in ambito neoidealistico. Il pensiero di Jaja – spesso e a torto semplicisticamente considerato come un mero ponte di passo tra quello di Bertrando Spaventa e di Giovanni Gentile – resta di sorprendente originalità. Nell’opera qui presentata, frutto di anni e anni di ripensamenti, Jaja sviluppa una peculiare teoria del conoscere che rappresenta il nocciolo duro del suo idealismo nuovo. La radicale riforma della gnoseologia kantiana operata da Jaja raggiunge una profondità di lettura e analisi raramente raggiunta in altri autori. E costituisce uno dei nuclei fondamentali dell’idealismo italiano.
Manifestazione della coscienza, e sua produzione
Che cosa avviene, quando la forza si ripiega sopra di sé, e nasce come io? Qual è la produzione propria della forza, in quanto si ripiega sopra di sé? La sensazione precede la coscienza. Nella sensazione v’ha due termini, chi sente e la cosa sentita, più l’eccitamento che il termine sentito fa sul principio senziente. Sono i due termini, ma non appajono; sono distinti certamente, ma la loro distinzione non si manifesta. Noi abbiamo visto col Galluppi, che non si può negare l’uno o l’altro di questi due termini, senza che tutta la sensazione svanisca. Né questi due termini sono così proprii della sensazione, che non sieno pure in tutte le produzioni sottostanti del mondo naturale. Niente nasce, se uno stimolo esterno non opera su qualche cosa. Lo stimolo, il qualcosa stimolato, l’azione dello stimolo sul qualcosa non si possono negare di nessuna produzione del mondo naturale, senza che la produzione stessa non sparisca. I nomi che questi due elementi assumono sono diversi, ma gli elementi nella loro generica natura sono indefettibilmente gli stessi. Nella sensazione il Galluppi, e tutti quelli che lo precedettero, li chiamarono spesso anche soggetto ed oggetto.