Sentipensar

Sentipensar è una parola che le persone di origine africana e i pescatori utilizzano in molte comunità fluviali della Colombia. “Sentipensar significa agire con il cuore usando la testa”, come un pescatore del fiume San Jorge nella Colombia caraibica spiegò al sociologo Orlando Fals-Borda a metà degli anni Ottanta (Fals-Borda 1986, p. 25).

Sentipensar costituisce un lessico affettivo di questi pueblos (popoli), che creano una promessa rivoluzionaria, una grammatica per il futuro, connettendo esperienza e linguaggio. “Il cuore, così come o addirittura più della ragione, è stato fino ai giorni nostri una difesa efficace degli spazi della gente comune. Questa è la nostra forza segreta, ancora latente, perché un altro mondo è possibile” (Fals-Borda 2008, p. 60).

Sentipensar è una visione e una pratica radicale del mondo, dal momento che mette in discussione la separazione netta che la modernità capitalistica stabilisce tra mente e corpo, ragione ed emozione, esseri umani e natura, secolare e sacro, vita e morte. È un potente elemento nel dizionario dei popoli che troviamo nella genealogia delle culture fluviali e anfibie. Può essere percepito in quelle altre storie e geografie che sopravvivono, come dicono le comunità del fiume Patía, in “biblioteche viventi” incise nel cuore e in forme intergenerazionali di abitare il mondo. Questi modi di vivere mettono in luce le visioni del mondo che questi popoli sono stati in grado di difendere, nonostante i feroci attacchi da parte della moderna ontologia della separazione: si tratta di visioni radicate, dove mondi umani e non-umani sono in relazione (Escobar 2014). Come si esprime una leader della comunità nera di La Toma nel sud-ovest della Colombia, riferendosi alla lotta della sua comunità contro la proposta di deviare il loro amato fiume Ovejas per alimentare la grande diga Salvajina, “il fiume non è negoziabile; noi onoriamo le nostre tradizioni così come le abbiamo imparate dalle nostre nonne, dai nostri avi e dai nostri anziani, e speriamo che siano ciò che impareranno i nostri renacientes”.

Sentipensar veicola una resistenza attiva contro la triade del “capitalismo per espropriazione”, della guerra e della corruzione che cancellano le antiche – alcune volte millenarie – visioni del cosmo che accompagnano le lotte dei popoli. La gente comune lo capisce perfettamente; come dicono loro, “para que el desarrollo entre, tiene que salir la gente” (“affinché arrivi lo sviluppo, deve andarsene la gente”). Il Processo delle Comunità Nere, PCN, una vasta rete di organizzazioni nere, lo spiega nei termini dell’interrelazione necessaria tra l’essere neri (identità), lo spazio per vivere (il territorio), l’autonomia per esercitare il diritto alla vita, e la propria visione del futuro, collegando questi principi alla riparazione dei debiti storici causati da persistenti politiche razziste. Questi principi sono stati discussi alla recente Convergenza delle Donne Nere che Custodiscono la Vita e i Territori degli Antenati, che ha affermato che «la nostra politica si fonda sull’affetto, sull’amore e sulla gentilezza collettiva» (PCN 2016).

La globalizzazione ha accentuato i conflitti ontologici tra visioni del mondo – o cosmovisioni. Nel fiume San Jorge, per esempio, le comunità di pescatori coesistevano con l’espansione coloniale del bestiame; oggi, l’estrazione mineraria legale e illegale distrugge le mangrovie e costringe le persone giovani ad abbandonare la loro conoscenza e il loro commercio. Come dicono loro, si continuerà a piantare mangrovie, perché senza mangrovie non ci sono pesci e senza pesci non ci sono né pescatori né pescatrici.

Sentipensar abita la conoscenza ancestrale e le economie della gente, questo si vede nei progetti dei e delle giovani che fanno parte di comunità di discendenza africana nella Colombia sudoccidentale come quelle del fiume Yurumanguí e de La Alsacia. In questi progetti autonomi, giovani e donne combattono il modello capitalistico patriarcale di educazione ed economia che ha mozzato le forme comunitarie di conoscenza incarnata e dei mondi-vita. È da questi spazi dove si sostiene l’Essere che le persone creano le loro proprie teorie socio-territoriali in movimento che ci permettono di visualizzare le autonomie collettive e rurali che affondano radici nei territori, e un mare di alternative di transizione che le categorie disciplinari convenzionali, funzionali al sistema mortale della modernità capitalista, rendono invisibili.

Queste forme di resistenza afro-latina influenzate dal sentipensar costituiscono una politica di speranza che re-immagina il mondo a partire da realtà che non sono state ancora colonizzate da categorie moderne. In queste, le persone “sentipiensan” (sentono-pensano) e immaginano mondi liberi, non più dipendenti dalla capitalizzazione dei mondi-vita, dallo stato e da discorsi di progresso.

Attraverso silenzi, momenti di abbandono ed eloquenti incapacità di parlare, la palabra (la parola) è cantata da tamburi nati dal dolore degli schiavi neri, ben consapevoli dell’esistenza di parole stupende incastonate nelle acque, negli uccelli e negli alberi. Così si esprimono: “se non c’è ispirazione non c’è vita, ecco perché musica e gioia vengono dalle canzoni e dalle lingue del fiume”. Al ritmo del tamburo e della terra, questi gruppi portano suggerimenti nel nostro presente, che ci permetterebbero di passare da politiche di morte a politiche di vita. Ci chiedono di sentipensar con la terra e di ascoltare il “sentipensamento” dei territori e dei loro popoli, piuttosto che le categorie decontestualizzate di sviluppo e crescita.

Il sentipensar ha luogo tra le comunità indigene mingas e tongas e le forme di lavoro tradizionali e collettive di discendenza africana, rispettivamente orientate verso il post-sviluppo ed il buen vivir. Sentipensar con il territorio implica pensare con il cuore e con la testa, o co-ragionare, come dicono coloro che s’ispirano all’esperienza zapatista. Quindi, negli interstizi, contro discorsi e pratiche razziste e patriarcali, contro la conoscenza accademica convenzionale, sopravvive uno spazio dove si sostiene l’Essere, per risanare il legame primario tra terra e territori; qui si ritrova una delle fonti più fertili di sovranità alimentare e di autonomia culturale e politica del popolo.

Voce “Sentipensar” di Patricia Botero Gómez, tratta da Pluriverso. Dizionario del post-sviluppo, Orthotes 2021

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