Gian Pietro Soliani, Essere, libertà, moralità. Studi su Antonio Rosmini

I saggi raccolti in questo volume hanno come filo conduttore la rosminiana unità sintetica delle tre forme dell’essere che si realizza pienamente nella persona come relazione costitutiva con l’infinito. L’indagine sui testi di Rosmini si rivela anche come un confronto tra il pensatore di Rovereto e alcuni episodi importanti della modernità e della postmodernità europea. Ne emerge la figura di un filosofo italiano capace di dialogare in modo competente con la stagione moderna (da Cartesio a Hegel) e disponibile per un confronto postumo con autori di primo piano della filosofia del ‘900 (tra tutti, Gentile e Lévinas). Rosmini rilegge la tradizione filosofica, rendendola feconda. Partendo dal nucleo metafisico fondamentale del pensiero rosminiano (il principio di cognizione), il volume passa a mostrare l’innegabilità di necessità e libertà come momenti dell’essere che non si escludono reciprocamente, fino ad aprire una prospettiva metafisica nel campo del sentimento e dell’affezione. La moralità è, dunque, il destino dell’essere e la libertà ne è un aspetto essenziale.

Il reale è sentimento

Per intendere i concetti di “reale” o “realità”, in Rosmini, occorre partire dal concetto di sintesismo, ossia dall’organismo dell’essere e dal modo in cui l’essere è originariamente compaginato. La legge del sintesismo dichiara l’impossibilità di pensare come autonomo un aspetto dell’organismo dell’essere, pena il cadere nell’assurdo.

L’essere nasconde in sé virtualmente ogni cosa: ogni ente è nulla, se pensato come indipendente e irrelato rispetto all’organismo dell’essere. Ogni ente è relativo ed hegelianamente astratto rispetto alla concretezza dell’organismo dell’essere, ma ciò non significa che non si possa studiare di volta in volta un aspetto dell’essere senza tener conto della sua relazione con l’organismo. Per parlare della differenza tra essere assoluto ed essere relativo, Rosmini ha usato l’espressione «differenza ontologica», richiamando il fatto che la vera differenza è quella che si dà tra mutabile e Immutabile, e non, come vuole Heidegger, tra determinatezza e indeterminatezza. Il rapporto tra essere assoluto ed essere relativo è quello che intercorre tra ciò che è assolutamente ente e ciò che è assolutamente non-ente, poiché quest’ultimo è relativamente ente, ovvero è ente, ma relativamente alla propria dipendenza dall’essere assoluto.

«Il reale è sentimento» – secondo l’esplicita formulazione rosminiana – ed è inscritto nell’organismo dell’essere, sebbene non si possa dire propriamente “ente”. Il reale è «un modo categorico dell’ente», ma per essere anche ente occorre che entri nell’orizzonte coscienziale, si faccia oggetto della mente e sia, dunque, pensato.

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