Pubblicati nel 1929, una decina d’anni dopo l’incontro con Stravinskij, questi Ricordi sono una lunga dichiarazione d’amore di Ramuz per il territorio vodese, riscoperto e apprezzato attraverso l’amicizia con Stravinskij, e una profonda riflessione sull’arte e sul dialogo tra uomini – prima che artisti – provenienti da mondi tra loro lontanissimi ma capaci di riconoscersi nelle rispettive necessità espressive. La lingua di Ramuz è aspra, inaudita, così come la musica di Stravinskij. Nelle pagine di questi Souvenirs, per la prima volta tradotti in italiano, il lettore avrà il privilegio di assistere alla genesi di una delle opere più innovative del primo Novecento: l’Histoire du soldat.
Credo di aver conosciuto Stravinskij nel 1915, in autunno, alla fine del periodo della vendemmia nel borgo di Treytorrens, dove a quel tempo abitavo; si trova tra Cully e Rivaz, sul bordo del lago. Tre o quattro grandi case bianche, quelle dei proprietari e, subito accanto, altre tre o quattro case non intonacate a un solo piano, quelle dei vignaioli. Ero alloggiato in una metà della più grande tra le case del proprietario, che era pure la più vicina all’acqua; ed è lì che me l’aveva portato Ansermet, di ritorno da Montreux, dove allora dirigeva l’orchestra di Kursaal. Da Montreux a Treytorrens c’è solo una quindicina di chilometri, lungo i quali la ferrovia non si allontana dal bordo del lago; a tratti seguendolo così fedelmente, che davanti alla casa, passava su una diga; la ferrovia non è cambiata, ma allora le locomotive (lo dico per i più giovani e per sottolineare quanto tempo sia passato) erano a ancora a vapore. Era il tempo in cui le vigne di Lavaux, durante il giorno, si ricoprivano ancora di pennacchi di fumo bianchi o neri, grigi, o variegati, che poi si vedevano correre lungo i piedi delle vigne e di muro in muro, risalendo o scendendo il pendio (a seconda del vento), talvolta a valle, talvolta a monte della vigna (ove vi era una seconda linea, detta “la linea alta”). Questi signori avevano preso quella bassa per venire a trovarmi; sono arrivati da Levante, sono venuti da dove sorge il sole. Non sapevo ancora nulla di Stravinskij, quasi niente. Sapevo soltanto che Ansermet lo considerava un “grande musicista”, sapevo che era Russo, sapevo che era l’autore – tra le altre cose – di un balletto che cominciava (in arte è tutto incoativo) a essere famoso, Petruška; sapevo che importanti ragioni familiari lo avevano costretto, uno o due anni prima, a stabilirsi in una delle nostre stazioni di montagna, dalla quale era appena tornato; questo per quanto riguarda le vicende note a tutti; ma di lui non sapevo nulla. Ansermet (l’ho già detto) era ben più informato.