Federico Dal Bo, Qabbalah e traduzione. Un saggio su Paul Celan traduttore

Perché i poeti traducono poesia? Questo saggio cerca di offrire una risposta attraverso l’analisi dell’opera letteraria di Paul Celan (1920-1970), il più grande poeta in lingua tedesca del Novecento. Celan visse contemporaneamente due vite letterarie: scrisse poesia esclusivamente in tedesco ma tradusse in tedesco da molte lingue – inglese, francese, russo, italiano, ebraico e portoghese. Questo saggio esamina la biblioteca personale di Celan ma anche la sua fascinazione per la teoria della traduzione di Walter Benjamin e la storia del misticismo ebraico di Gershom Scholem. Celan sancì un’alleanza poetica tra qabbalah e traduzione, combinando l’idea di una lingua santa con l’idea di una lingua pura. Quest’alleanza aveva un fine supremo: redimere la lingua tedesca dal proprio tragico passato di essere stata l’idioma del nazionalsocialismo.

Il nome di Paul Celan

Paul Celan, il nome con cui avrebbe sigillato ogni suo componimento poetico, nacque dall’anagramma del nome di famiglia Antschel. Si trattava della permutazione delle lettere del proprio nome, quasi a significare che l’abbandono del proprio stato sarebbe sempre rimasto incompleto e che il conseguimento del nuovo sé sarebbe sempre rimasto imperfetto. Lo stesso pseudonimo, che diverrà il “nome proprio” di Paul, era nato da un vertiginoso richiamo tra le lingue: ebraico, yiddish e rumeno. Queste tre lingue contribuirono a pari merito all’elaborazione del nuovo nome che il giovane Paul scelse per sé già dai tempi del suo soggiorno a Bucarest tra il 1945 e il 1947, originariamente per firmare la versione rumena della sua celeberrima Todesfuge: il cognome Celan. Questo nuovo cognome era infatti un piccolo gioiello linguistico che nasceva dall’incrocio di diverse lingue: il cognome ebraico Asher, divenuto Antschel in yiddish, si trasformava ora in Ancel, secondo l’ortografia rumena, per diventare Celan con un facile anagramma.

In questo gioco della propria identità, Celan implicitamente marca la distanza tra vita e poesia, tra patria effettiva e patria poetica, tra lingua del luogo e l’unica lingua della lirica. Paul Celan è innanzitutto il nome di un poeta che potrebbe anche essere il quasi omonimo Paul Valéry, da sempre amato e preso come modello di una scrittura inquieta.

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202025feb2:00 pmSovrapposizioni: Quella lingua a nord del futurodi A.H. Toska2:00 pm Sovrapposizioni, MilanoRassegna stampa:Qabbalah e traduzione. Un saggio su Paul Celan traduttore

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