Paola Ricci Sindoni è stata professoressa ordinaria di filosofia morale nel Dipartimento di Scienze cognitive dell’Università di Messina, dove ha insegnato anche Bioetica ed Etica nelle grandi religioni. I suoi interessi di studio e i suoi lavori si sono orientati in prevalenza sulla filosofia tedesca del ’900, sull’ebraismo moderno e contemporaneo, sul pensiero femminile, sulla mistica e sulla bioetica.
Genio del tormento e della discordia, è stato definito Geremia. Si può anche aggiungere profeta del paradosso e della sconfitta, messo sempre dalla parte sbagliata, solo contro tutti. Sono cinque i re che vedrà regnare e poi scomparire, messi a morte dal nemico: Giosia e suo figlio Ioiakim, periscono infatti trafitti da frecce sul campo di battaglia; gli altri tre, Ioacaz, Ioiakin, Sedecia muoiono nelle prigioni della deportazione. Ed anche i sacerdoti del Tempio di Gerusalemme, custodi delle Tavole e dell’Alleanza, lo combatteranno con furore, sordi ai suoi richiami, mentre il popolo, indifferente e qualunquista, lo guarderà con disprezzo, specie quando si caricherà – almeno per farsi guardare, se non ascoltare – del peso di un giogo di ferro, quasi a voler scolpire le sue convinzioni profetiche con la forza delle immagini (Ger 10,28).
Schiacciato dalla forza cieca del destino, sente sulla sua carne la forza oscura della storia che si abbatte su Gerusalemme, stretta tra i due grandi blocchi delle superpotenze di allora: a sud l’Egitto, al nord la Caldea di Nabucodonosor. La politica regale, gelosa del proprio potere, sostenuta dalla classe sacerdotale e dall’opportunismo di alcuni sedicenti profeti, guarda sia all’una che all’altra potenza in campo, molte volte sbagliando prospettiva e costretta ad inchinarsi al conquistatore di turno. Nessuno può opporsi – così sembra – alla supremazia dei potenti che di volta in volta si spartiscono il bottino del regno di Giuda, una volta piegata la debole resistenza del regno di Israele.
A questo guarderà inizialmente il profeta Geremia, nato ad Anatot, cittadina invisa a Gerusalemme – come si vedrà – e chiamato sin da ragazzo alla difficile impresa di parlare in nome di un Altro; poca fortuna avrà fra i dispersi di Israele ed allora tenterà la difficile opera di profetare al centro di Gerusalemme, al cuore del Tempio, davanti al re, ai cortigiani e ai capi religiosi, che non solo non lo ascolteranno ma lo getteranno in prigione. Il capitolo 36 di questo lungo libro profetico (che si distende per 51 capitoli) è l’esempio, unico nella Sacra Scrittura, di una doppia storia, quella politica e quella personale del profeta, raccontata da lui stesso che, ridotto all’isolamento e al silenzio, reagisce affidando il suo messaggio ad un altro, al segretario e amico Baruch. Sarà quest’ultimo a presentare al re e alla sua corte gli ulteriori e pressanti appelli di Geremia, che invoca un cambiamento di rotta a quella politica miope e corrotta.