Félix Guattari, Toni Negri, Nuovi spazi di libertà

Un testo nato negli anni della “controrivoluzione permanente” e del “cinismo etico” pensando al futuro. Un testo politico per rinnovare un discorso di speranza, una rottura positiva. Nasce così questo volume a quattro mani frutto di un’ampia discussione fra due dei maggiori autori a livello internazionale che si pongono sul terreno dell’analisi materialista della realtà.

Un volume che non mancherà di suscitare polemiche, già per il fatto di essere stato pubblicato, ma soprattutto per lo sforzo di coniugare le esperienze degli anni Settanta con i movimenti di lotta ecologica e per la pace del terzo millennio. Uno scritto anomalo sulle trasformazioni “avvenute”, pensando alle trasformazioni “da fare”.

Nel contesto della ristrutturazione della produzione, intrapresa dal CMI a partire dal ’68, le nuove soggettività rivoluzionarie hanno imparato a riconoscere le rotture imposte dal nemico, a misurare la loro consistenza e i loro effetti. La prima determinazione fondamentale del CMI, indipendentemente dalle segmentazioni sociologiche, consiste nel produrre un modello di soggettività tripolare, che attraversa sincronicamente l’insieme dei livelli collettivi inconsci, delle coscienze personali e delle soggettività dei gruppi di ogni scala (gruppi primari, etnie, nazioni, razze, ecc.).

Questi tre poli sono: un polo élitario, che comprende tanto lo strato dirigente e gli strati tecnocrati dell’Est e dell’Ovest, quanto quelli del Terzo Mondo; un polo garantito, che attraversa le diverse stratificazioni di classe; un polo non-garantito, che percorre ugualmente ogni strato della società.

In queste condizioni, le nuove soggettività rivoluzionarie si scontrano, dal loro punto di partenza, con un desiderio di pace, di sicurezza collettiva, di salvaguardia di una riproduzione minima contro la disoccupazione e la miseria. Questo terror panico dell’inferno dell’assenza di garanzia lo si ritrova dentro i tre poli della soggettività: tra le popolazioni totalmente deprivate, tra gli strati proletari già relativamente garantiti dal lavoro salariato o dal Welfare, così come tra certi strati dell’élite il cui statuto viene sistematicamente precarizzato.

È evidente che la base essenziale della produzione contemporanea poggia sulla massa fluttuante costituita da questo miscuglio e da questo dosaggio continuo di garantismo e non garantismo. I non garantiti costituiscono un punto d’appoggio fondamentale per l’instaurazione del potere capitalistico; le istituzioni della repressione e della marginalizzazione trovano lì la loro consistenza. E, d’altra parte, essi assumono un ruolo sociale all’interno del nuovo quadro del potere dello sfruttamento, in ragione dei valori e del potenziale produttivo di cui sono portatori. Essi sono inoltre i detentori di linee di immaginazione e di lotte suscettibili di catalizzare i divenire singolari, di far nascere altri riferimenti, altre prassi, adatte a rompere l’immensa macchina di controllo e di disciplinarizzazione della forza collettiva del lavoro.

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