Anton Webern, Il cammino verso la nuova musica

Pubblicato originariamente in Germania nel 1960, Il cammino verso la nuova musica contiene sedici lezioni date da Webern tra il 1932 e il 1933 in un’abitazione privata di Vienna. Da esse traspare la necessità – da cui tutto dipende e a cui Webern dava massima importanza – che la musica e il suono fossero intesi come “natura regolata da leggi” in rapporto all’orecchio. Qualcosa, vale a dire, che è sottratto all’arbitrio umano. Il cammino della musica occidentale è dunque visto da Webern come uno sviluppo progressivo – per tappe e passaggi sempre più raffinati – di una lingua e di un pensiero autonomi. E affinché ciò possa avvenire i pensieri musicali devono essere espressi e trovare sbocco in forme intelligibili. È proprio questo l’ambito di ricerca del vero musicista: relazionarsi al passato per trovare forme di connessione (tra suoni) sempre più alte ed evolute. La nuova musica non è invenzione ma scoperta.

Il cammino verso la composizione dodecafonica

Il titolo che vedete non è di mia invenzione, ma di Schönberg. Quest’anno mi è capitato di parlare di questo argomento a Mondsee, e perciò ho avuto un breve scambio di lettere con Schönberg riguardo al titolo da attribuire alla conferenza, e fu lui a suggerirmi di chiamarla Il cammino verso la composizione dodecafonica.

Ciò che dobbiamo chiarire, per cominciare, è il significato di “composizione dodecafonica”. Avete mai visto un lavoro di questo genere? È mia opinione che sin da quando si è cominciato a scrivere musica, tutti i grandi compositori avessero questo come obiettivo da raggiungere. Ma non voglio mettervi subito a parte di questi segreti – e davvero di segreti si tratta! Chiavi segrete. Tali chiavi sono forse sempre esistite, e gli uomini ne hanno avuto più o meno consapevolezza durante le varie epoche.

Oggi voglio occuparmi di questi problemi in maniera molto generale. Cos’è dunque che si è raggiunto grazie a questo metodo di composizione? Quali territori sono stati esplorati, quali porte sono state aperte con questa chiave segreta? Generalmente parlando, si tratta di creare uno strumento per esprimere la massima coerenza musicale possibile. E già di questo potremmo discutere tutto il giusto. Forse, dopotutto, è davvero importante parlare di cose così generali, cose che tutti possono capire, anche quelli che preferiscono starsene solo seduti ad ascoltare passivamente. Perché non si può mai sapere cosa ci riserva il futuro.

La coerenza è senza dubbio indispensabile perché sia possibile un significato. La coerenza, per rimanere ancora sul piano generale, permette la relazione più stretta possibile tra le parti che compongono una cosa. In musica, come in ogni altra espressione umana, lo scopo è di rendere chiaro le relazioni che sussistono tra le parti; in breve, di mostrare come una cosa conduca all’altra.

Ora, rimanendo nello specifico della musica, questo è avvenuto in qualche misura attraverso le epoche. Che cos’è questa “composizione dodecafonica”? E che cosa l’ha preceduta? Questa musica è stata definita con le tremende parole “musica atonale”. Schönberg si fa beffe di questa denominazione, dal momento che significherebbe “musica senza suoni” – e questo è privo di senso. In realtà ciò che si dovrebbe indicare con questa definizione è che si tratta di una musica senza una tonalità definita. La tonalità è sparita!

Cerchiamo allora di trovare la coerenza! Fino a ora, la tonalità è stata lo strumento principale perché si stabilisse coerenza in musica. Ma è solo una delle ormai vecchie conquiste che semplicemente è andata a esaurirsi; tutto il resto c’è ancora. Adesso cerchiamo di osservare più da vicino le ragioni di questo fatto.

Che cos’è la musica? La musica è linguaggio. Un essere umano vuole esprimere pensieri in questo linguaggio, ma non pensieri che si possano tradurre in concetti, bensì pensieri musicali. Schönberg ha cercato e cercato in ogni dizionario la definizione di “pensiero”, ma non ne ha mai trovata una. Che cos’è un pensiero musicale?

(fischiando) «Kommt ein Vogerl geflofen…»

Questo è un pensiero musicale! L’uomo esiste solo fintantoché esprime se stesso. La musica lo fa attraverso idee musicali. Io voglio dire qualcosa, e chiaramente cerco di esprimermi in modo da farmi capire. Schönberg usa la bellissima parola “comprensibilità” (che ricorre di continuo in Goethe). La comprensibilità è la legge suprema. Ci deve essere coerenza. Ci devono essere gli strumenti giusti a raggiungerla. Tutte le cose con cui abbiamo avuto a che fare sin dalla vita primitiva devono essere utilizzate in un lavoro d’arte. Gli uomini hanno ricercato i mezzi per dare a un pensiero musicale la forma più comprensibile possibile. Ripercorrendo la storia, possiamo dire che uno di questi mezzi è stato la tonalità, fino al XVII secolo. A partire da Bach, il modo maggiore si distingueva dal modo minore. Questo stadio era preceduto dai toni ecclesiastici, che in un certo senso erano sette tonalità, di cui sono rimaste poi soltanto due. Da queste due è derivato qualcosa che le oltrepassa, il nostro nuovo sistema di dodici suoni.

Tornando alla tonalità: essa ha rappresentato uno straordinario mezzo per conferire una forma, per produrre coerenza. In cosa consisteva questa coerenza? Nel fatto che un brano veniva scritto in una certa tonalità. Questa tonalità veniva scelta come quella principale, e la preoccupazione del compositore era di renderlo assolutamente esplicito. Un pezzo aveva dunque un suono fondamentale che rimaneva tale per tutta la durata: ci si poteva tutt’al più allontare per un po’, ma poi si tornava a esso. La sua preponderanza appariva chiaramente dalle continue riapparizioni. Il suo fondamentale era presente nell’esposizione, nello sviluppo, nella ripresa, ecc. Per cristallizzare una volta per tutte il suono principale, esistevano i finali, in cui compariva con ancora maggior frequenza. Analizzo con tante minuzie proprio perché si tratta di cose che non esistono più. Ma qualcosa doveva affermarsi al loro posto per riportare l’ordine.

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