Da sempre il tema dell’abitare ha influenzato la vita del pensiero, dando origine a una serie di immagini che tentano di esprimere la condizione ontologica dell’uomo nel suo mondo. I saggi che compongono questo volume intendono comprendere in che modo i concetti e le metafore dell’abitare, della città, della metropoli abbiano consentito a filosofi e pensatori, dalla fine del Settecento al Novecento, di elaborare strumenti di analisi e categorie interpretative per riflettere sullo statuto concettuale della modernità, sulle ragioni del suo declino, sulla genesi dell’età contemporanea. Dalla crisi del modello abitativo come un luogo chiuso e sicuro separato dal mondo esterno, alla nascita della società di massa, il pensiero filosofico non cessa di riflettere sul nuovo modo di stare al mondo dell’uomo contemporaneo e di analizzare i molteplici aspetti in cui si esprime il suo sentimento di spaesamento, di sradicamento derivato dall’irruzione del nuovo spazio urbano della metropoli, fonte di alienazione e di solitudine.
Saggi di: Bruno Accarino, Attilio Bruzzone, Ubaldo Fadini, Mario Farina, Guido Frilli, Sebastiano Galanti Grollo, Gianluca Garelli, Sergio Givone, Roberto Morani
Lo spazio dell’abitare, nel primo Novecento, è un fenomeno che, con le dovute generalizzazione, può essere inquadrato in due tendenze opposte: da una parte, l’abitare è al centro di una tentazione che guarda al ritorno al semplice. Si pensi ad esempio alla Hutte di Heidegger e alla capanna norvegese in cui Wittgenstein si rifugia; dall’altra l’abitare è concepito come un fenomeno fortemente connesso alla metropoli, al vivere lo spazio urbano. Walter Benjamin, senza dubbio, è un autore che si schiara apertamente in questa seconda tendenza. La metropoli, in Benjamin, è però un fenomeno complesso e stratificato, nel quale l’abitare si configura come una forma di alienazione, una forma di alienazione, però, che non può trovare rimedio nel ritorno all’arcaico, ma che deve insistere precisamente sui tratti che la configurano come tale, vale a dire come alienazione. In questo intervento, intendo presentare i tre modelli che definiscono in Benjamin questo estraniamento, non riducibili a un principio unitario, ma concepibili ciascuno a modo proprio come figura di quella alienazione. Il primo modello è la metropoli del ricordo, la Berlino ripensata e riconfigurata in Infanzia berlinese; il secondo è formato dalla metropoli straniera, che in questa sede verrà esemplificata da Napoli; il terzo è costituito dalla città utopica, cioè da quella Parigi che scaturisce dal sogno con cui l’epoca immagina il proprio futuro.