Mario Farina è assegnista di ricerca in Storia della filosofia all’Università di Firenze, insegna all’Università del Piemonte Orientale e al Politecnico di Milano. Ha studiato nelle Università di Pavia, Heidelberg e Colonia, e ha svolto attività di ricerca all’Università di Francoforte. Si occupa di filosofia classica tedesca e della sua ricezione nel pensiero del Novecento.
Il problema della storia
Adorno, dunque, fa il suo esordio accademico all’università di Francoforte nel 1931 con la Antrittsvorlesung su L’attualità della filosofia e premette al proprio discorso un resoconto della filosofia dell’ultimo ventennio. Il modo in cui Adorno caratterizza questa breve storia della filosofia ha al centro la nozione di crisi e concepisce il pensiero della recente scuola tedesca come una forma di reazione. La crisi di cui tratta è la «crisi dell’idealismo», e la reazione è costituita dai tentativi di uscita da questa crisi. Adorno identifica una precisa linea di sviluppo che ha inizio con un’opposizione radicale tra il neokantismo di Hermann Cohen e Paul Natorp da una parte e la filosofia della vita di Simmel dall’altra. Tra queste due, poi, si inserisce la seconda forma di neokantismo, vale a dire quella che fa capo alla cosiddetta scuola del Baden che comprende in particolare Windelband, Rickert e Weber. A questa divisione iniziale si aggiunge, poi, quello «sforzo dell’intelletto» che cade sotto il nome di «fenomenologia», le cui filiazioni principali sarebbero il materialismo etico di Scheler e, soprattutto, l’ontologia di Heidegger. Interessante, a questo proposito, è proprio la posizione che Adorno assegna a Heidegger, futuro nemico giurato del filosofo francofortese. Prima che la tragedia storica inquini definitivamente ogni possibile rapporto tra i due, Adorno attribuisce proprio a Heidegger la posizione più avanzata nel contesto della filosofia coeva e questo per un motivo specifico. Heidegger, infatti, sarebbe colui che ha messo l’ontologia di origine fenomenologica al riparo da una delle derive che la minacciano, ossia quella dello «storicismo», ma – come scrive Adorno – solamente a prezzo di una ontologizzazione del tempo.