Il soggetto è un eccesso, non è mai costituito una volta e per tutte. La storia che lo vuole imbrigliare si divide tra un Desiderio dell’Essere (filosofia) e l’Essere del Desiderio (psicoanalisi). Si desidera sempre con e contro il sostrato materiale, nel «pieno» dei concatenamenti sociali, come ci insegna Deleuze, e nel «vuoto» determinato dalla domanda dell’Altro, come nell’insegnamento di Lacan. L’immagine del tessuto – topologico, deforme, dinamico – ci permette però di immaginare una via d’uscita dalle pastoie di griglie concettuali troppo anguste. Si tratta del tessuto del Reale: scabroso, impossibile, vibrante, generatore e contraddittorio.
Il mito della griglia
Una delle prime cose che, entrando nella teoria analitica lacaniana, viene normalmente sottolineata, riguardo al rapporto tra Simbolico e Reale è che questo rapporto non deve essere confuso con il mito della griglia. Secondo questo modo di rappresentare la relazione Simbolico-Reale esiste un Reale ontologicamente precedente, sul quale viene poi applicata la griglia dei significanti, cavandone quindi delle forme. Questo mito della griglia assomiglia anche all’idea che il Reale sia da intendere come una pasta frolla, sulla quale vengono adagiate e pressate le forme (Simbolico). Se la relazione Simbolico-Reale sfugge quindi, in Lacan, all’immagine del mito della griglia è perché quest’ordine così descritto è in un certo senso rovesciato. Non è la sospensione e il collasso della catena significante, l’interruzione del Simbolico, che dà accesso ad un reale di godimento (dunque non-Simbolico) ma è, al contrario, il godimento che “cessa” facendosi simbolico. Questo “cessare” va inteso nel senso del farsi linguistico del desiderio: il desiderio, nell’essere parlante, è desiderio in quanto gode di linguaggio. Questo è precisamente il senso della scoperta freudiana nella sua ripresa da parte di Lacan: si gode linguisticamente. Per questo l’immagine della griglia (o delle forme impresse sulla pasta frolla) dev’essere capovolta. Sono le parole de lalingua che si fanno carico di qualcosa che evidentemente rimarrebbe inespresso, non ci sarebbe. La relazione soggetto-oggetto non è quindi inquadrabile più sotto le specie di soggetto-mondo, ancor meno se si tratta di un mondo che dev’essere sistematicamente descritto, ma diventa piuttosto l’insieme delle sciabolate di desiderio del soggetto, laddove il ‘mondo’ assume un carattere del tutto differente perché ‘mondo di desiderio’, soprattutto per l’effetto del fantasma, che determina le modalità “idiosincratiche” di piacere e dispiacere che il soggetto intrattiene verso questo mondo così inteso.