Lo scritto di Tolstoj, La schiavitù del nostro tempo (1900), apparso per la prima volta in Italia all’inizio del Novecento e da allora mai più pubblicato, viene qui presentato in una nuova traduzione. A questo testo sono stati accostati altri scritti brevi che consentono di ricostruire lo sviluppo della riflessione dello scrittore russo sui temi del lavoro e dell’economia e di coglierne le fonti ispiratrici. Dalla lettera (inedita in italiano) a Romain Rolland del 1887 su lavoro manuale e lavoro intellettuale, all’introduzione all’opera di Bondarev, Il lavoro secondo la Bibbia, agli scritti a sostegno e a divulgazione delle teorie di Henry George degli ultimi anni della vita, la raccolta mette a fuoco la critica tolstoiana alla divisione del lavoro e al pensiero marxista, il tema dell’immoralità della proprietà privata della terra, del libero accesso alle risorse naturali, temi che verranno in seguito sviluppati da Gandhi e che sono al centro della riflessione ecologista contemporanea.
L’infondatezza dell’ideale socialista
Anche accogliendo l’asserzione (evidentemente infondata e contraria a tutte le caratteristiche della natura umana) che la vita in città e il lavoro regolato dalle macchine nelle industrie sono preferibili alla vita al villaggio e al lavoro manuale libero, rimane nell’ideale stesso, a cui – secondo quanto ci dicono gli uomini di scienza – tende l’evoluzione economica, un’insolubile contraddizione. L’ideale, cioè, che i lavoratori, una volta padroni di tutti i mezzi di produzione, otterranno tutte le comodità e i piaceri di cui ora godono solo le persone abbienti.
Allora tutti avranno buoni abiti e abitazioni confortevoli, non mancherà loro il cibo, cammineranno per le strade asfaltate, illuminate dalla luce elettrica, frequenteranno concerti e teatri, leggeranno libri e giornali, guideranno macchine e così via. Ma perché ciascuno possa godere di questi beni occorrerà organizzare la loro produzione e di conseguenza decidere quanto a lungo ciascun operaio dovrà lavorare. Come saranno prese le decisioni?
Le statistiche ci possono indicare (benché in maniera molto imperfetta) la domanda di beni in una società dominata dal capitale, dalla competizione e dal bisogno. Nessuna statistica ci potrà indicare la quantità e il tipo di beni richiesti per soddisfare la domanda in una società dove i mezzi di produzione apparterranno alla collettività, ovvero dove le persone saranno libere. In una tale società la domanda non può essere stabilita e supererà sempre la possibilità di soddisfarla. Ciascuno desidererà avere tutto ciò che oggi i ricchi possiedono e pertanto è assolutamente impossibile stabilire la quantità dei beni necessari a una tale società.