Marco Focchi, La clinica psicoanalitica di Jacques Lacan

Lacan è stato considerato un pensatore complesso, di difficile lettura, e in effetti decodificarlo non è certo semplice. Il lavoro fatto però in questi anni nell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi, che riunisce le Scuole lacaniane presenti in diversi Paesi, ha contribuito a offrire chiavi di lettura indispensabili a far emergere dai suoi testi un profilo clinico forte e nitido. Grande critico di tutti gli standard nati negli anni Cinquanta per stabilizzare, ma al tempo stesso burocratizzare, la pratica psicoanalitica, Lacan ha saputo dare solidi principi per la conduzione della cura e costruire bussole concettuali in grado di orientarla in modo senz’altro più significativo che non le regole empiriche di cui spesso sono composti i manuali.

Il presente libro fa parte di questo sforzo collettivo realizzato nell’ambito Associazione Mondiale di Psicoanalisi per delineare una clinica di orientamento lacaniano, per farne emergere i principi attraverso diversi momenti: dall’analisi delle psicosi, alla modalità di scansione delle sedute, dagli studi letterari usati come paradigmi clinici, alla funzione del desiderio dell’analista nella cura. Un punto essenziale è infatti che la clinica di Lacan non mette l’analista in una posizione esterna, osservativa, neutrale, ma lo implica come una sorta di oggetto duttile, qualcosa che l’analizzante usa, in un certo senso, per svolgere la propria analisi.

Il rapporto con la parola

Gli anni del Seminario III sulle psicosi, il 1955-1956, appartengono all’epoca del ritorno a Freud, quando Lacan era impegnato a rileggere i testi fondativi della psicoanalisi alla luce dello strutturalismo che allora, in Francia, era una dottrina consolidata e al centro della scena intellettuale. Due direzioni di riflessione, il pensiero freudiano e la teoria strutturalista, sono dunque le coordinate fondamentali che orientano la ricerca di Lacan. Sono queste a darci un’indicazione sulle fonti a cui attinge per costruire i propri concetti e sui mezzi con cui addentrarsi nel complesso problema di un trattamento della psicosi.

Consideriamo infatti, innanzi tutto, a che punto è in quegli anni il problema della psicosi nel campo della psicoanalisi. La teoria psicoanalitica, malgrado Freud rifiutasse di considerare la psicosi come clinicamente trattabile, non era rimasta vergine sull’argomento. Ci sono in Europa i lavori di Paul Federn, il cui libro Psicosi e psicologia dell’Io esce a New York nel 1952. Ci sono i lavori degli psicoanalisti kleiniani, come Hanna Segal e Herbert Rosenfeld, che riportano numerosi casi di psicosi seguiti privatamente in studio. Bisogna aggiungere poi il Diario di una schizofrenica di M.me Marguerite Sechehaye, molto letto e molto conosciuto dagli psicanalisti francesi, che esce nel 1950. Negli anni Quaranta in America ci sono poi le ricerche alla Chestnut Lodge, nel Maryland, animate da Frieda Fromm-Reichmann, fuggita dalla Germania dopo la presa del potere nazista. C’è inoltre la Menninger Clinic, con sede a Topeka, nel Kansas, fondata da un gruppo di psichiatri di formazione psicoanalitica.

Recensioni

202105gen2:00 pmPsychiatry on line: Fare i conti con Lacandi Davide D'Alessandro2:00 pm Psychiatry on line, GenovaRassegna stampa:La clinica psicoanalitica di Jacques Lacan

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