Hegeliano di sinistra durante la Repubblica di Weimar e non esente da un ferale hegelismo politicamente di destra durante il terzo Reich, Joachim Ritter (1903-1974) sviluppò, nel secondo dopoguerra, uno specifico hegelismo di “centro”, insistendo sulle scissioni (Entzweiungen) reciprocamente supportive, nel moderno mondo liberale, tra società civile e stato, tra esistenze soggettive e norme oggettive, tra tradizioni storiche e politica contemporanea. Nella Germania Ovest della ricostruzione tali posizioni furono particolarmente utili per declinare in un senso democratico-liberale rapporti tra esistenziale, sociale e politico che erano stati precedentemente asserviti in modo totalitario (anche in questa direzione, si spiega il successo non solo accademico di un allievo di Ritter come Ernst-Wolfgang Böckenförde). D’altro lato, le Entzweiungen impostate da Ritter mantenevano degli aspetti irrisolti e potevano costituire degli ambigui sdoppiamenti omissivi verso il passato, come autori della generazione a lui successiva, pur tra loro alquanto diversi – quali Hans Blumenberg, Jürgen Habermas, Ernst Tugendhat – non hanno mancato di rilevare. Studiare gli scritti di Ritter, nella loro correlazione con le diverse situazioni politiche che hanno attraversato, nonché le critiche, più o meno radicali, che hanno suscitato significa, dunque, affrontare questioni non marginali dei dibattiti novecenteschi sui rapporti tra politica ed ermeneutica storica, nonché momenti decisivi con cui nella Germania del secondo dopoguerra si sono interpretati il proprio passato, il proprio presente e il proprio futuro.