Questo è un libro insistente. Mostra una stessa cosa, ora come tratto, ora come voce, ora come oggetto, ora come calligramma, ora come Uno, ora come fantasma. E lo fa cercando la risonanza di una stessa struttura attraverso diverse figure filosofiche e psicoanalitiche. Sigmund Freud, Jacques Lacan, Platone e Descartes sono gli interlocutori privilegiati di questo percorso.
Che cosa risuona attraverso queste figure? Una stessa struttura o più esattamente uno stesso movimento, quello attraverso cui una struttura si struttura, un soggetto prende forma, uno spazio si configura. Movimento o scansione. Ritmo, luogo mobile. Ritmo e riso, per indicare in un’etica che ha qualcosa di comico un’area di sovrapposizione tra quelle due scienze di fantasmi che sono la filosofia e la psicoanalisi.
La bolla
Lacan affida all’immagine della bolla un primissimo suggerimento nel suo seminario sul fantasma. Il fantasma ha a che fare con una bolla. L’esperienza è chiusa in una bolla ed è per questo che è l’esperienza di un soggetto, o l’esperienza a cui un soggetto soggiace, o l’esperienza che diviene continuamente l’esperienza di un certo soggetto.
Il fantasma è una bolla. Descartes potrebbe dire a suo modo: tutto il mondo, tutte le cose di cui parliamo sono chiuse nella bolla del cogito. Il cogito è una bolla. Quando voi psicoanalisti dite fantasma, potrebbe osservare, dite la logica del cogito. Il fatto che potrei dubitare dell’esistenza di questa stanza ma non dell’esistenza del pensiero della stanza, non attesta altro che questo, che il pensiero è un bordo, un perimetro metafisico in cui si dispone ogni oggetto fisico. Posso pensare il fuori, posso tentare un passo al di là del perimetro, ma è sempre da dentro che raffiguro quel fuori, è sempre il perimetro che fa un passo al di là portando un passo più in là il perimetro stesso. Poiché appunto è il perimetro a pensare, è il fantasma a disegnare il suo al di là che è quindi strutturalmente al di qua.