– È bene mantenere il desiderio di trovare qualcosa dietro al velo, senza tuttavia spingersi troppo in là. Non solo perché dietro al velo non c’è ciò che si pensa di trovare, ma perché se c’è qualcosa è l’abisso, è la testa di Medusa. (Cristiana Cimino)
– È grazie a questa sua natura plastica che la figura istituisce contatti tra elementi diversi o addirittura opposti, e presentifica raggruppamenti inediti, concentrazioni, sostituzioni che rilanciano il pensiero portandolo a espressione. (Carmelo Colangelo)
– L’idea fissa non torna mai come elemento statico, ma come reminiscenza costantemente ricostruita e costantemente distorta dai suoi stessi frammenti. (Viviana Faschi)
Saggi di: Matteo Bonazzi, Pierpaolo Cesaroni, Cristiana Cimino, Carmelo Colangelo, Elena De Silvestri, Viviana Faschi, Elio Grazioli, Federico Leoni, Céline Menghi, Riccardo Panattoni, Igor Pelgreffi, Gianluca Solla
Non possiamo non prendere spunto da una circostanza solo all’apparenza esteriore. Questo sesto volume di “Le parole della psicoanalisi”, intitolato Isteria Ossessione Figurazione, segna la ripresa della serie “Le parole della psicoanalisi” dopo la crisi e la pausa innescata dalla pandemia.
Il seminario veronese del Centro di ricerca “Tiresia” per la filosofia e la psicoanalisi si era interrotto, nella primavera 2020, a metà del calendario previsto, come del resto si erano interrotte la gran parte delle attività che per motivi pubblici o privati ci portavano fuori dalle nostre case, in quello spazio che era divenuto improvvisamente minaccioso, il mondo. Solo la metà degli incontri previsti dal calendario del Centro avevano avuto luogo. Qualche altro incontro si era svolto a distanza, sull’una o sull’altra delle innumerevoli piattaforme informatiche improvvisamente divenute familiari. Altri ancora erano stati semplicemente sospesi, in attesa di tempi migliori. Questo volume riprende le fila di quella stagione, raccoglie le relazioni presentate al seminario e integra alcuni contributi che non avevano potuto essere esposti in quella sede.
Come negli anni precedenti e salvo poche eccezioni, tre erano i lemmi che orientavano il lavoro seminariale di quell’anno e gli interventi dei relatori. Ma è gioco forza notare che uno dei tre è più rappresentato degli altri due messi insieme. Il lemma “figurazione” ha prevalso ampiamente e spontaneamente. Sia in sede di seminario, sia a posteriori, nel momento di scrivere, i relatori e gli autori che abbiamo coinvolto si sono orientati più alla questione della figurazione, che a quelle dell’isteria o dell’ossessione. La questione della figurazione, del resto, è diventata in più di un’occasione, oltre che un tema a sé stante, un punto di vista dal quale guardare all’universo dell’isteria o dell’ossessione. Come curatori abbiamo scelto di registrare questo dato, più che arginarlo o contrastarlo. Il lemma “figurazione” dimostrava un potere di captazione superiore. Talvolta isteria e ossessione restavano in posizione satellitare, talvolta erano addirittura attratti dalla forza gravitazionale della galassia della figurazione. Ci precipitavano dentro, ne divenivano dei capitoli interni, degli svolgimenti locali.
La lettura dell’insieme del volume potrà suggerire più di un’ipotesi sui motivi di questo accento prevalente. Qui ci limitiamo a formularne una, generalissima. Si direbbe che la questione della figurazione racchiuda, per molti dei discorsi che ritroviamo nelle pagine che seguono, una specie di struttura preliminare, comune all’isteria come all’ossessione. Un certo movimento di figurazione è ciò che abita l’isteria come sua molla segreta, un certo movimento di figurazione è ciò che abita l’ossessione come ciò che anzitutto la ossessiona. È forse per questo, che al momento di scegliere questi tre lemmi, ormai tre anni fa, ci siamo orientati senza esitazioni alla parola “figurazione”, non per esempio alla parola “figura”. Eravamo forse attratti, in questa parola, da qualcosa di diveniente, di insistente eppure di indeterminato, di cogente eppure di irrealizzato. L’isteria e l’ossessione potrebbero essere due modi del non poter esaurire, del non poter venire a capo di una certa figura, e la figura potrebbe non essere altro che il suo isterizzarsi e così raffigurarsi sempre di nuovo, instabilmente, il suo divenire ossessiva e così prendere forma, ma forma sempre sfuggente, e perciò inquietante o angosciante.