Gilles Deleuze, L’isola deserta e altri scritti (1953-1974)

Questo volume raccoglie la quasi totalità dei testi di Gilles Deleuze (articoli, recensioni, prefazioni, interviste, conferenze, testi già pubblicati, che però non figurano in alcuna opera esistente di Deleuze) pubblicati in Francia e all’estero tra il 1953 e il 1974, da Empirismo e soggettività, il suo primo libro, fino ai dibattiti che hanno seguito l’uscita de L’anti-Edipo, scritto insieme a Félix Guattari.

Ancora oggi Deleuze continua a essere un oggetto misterioso, un pensatore faticosamente definibile, singolare, spesso ostico, a volte oscuro. L’efficacia de L’isola deserta sta proprio nel rendere meno difficile l’incontro con questo autore, conducendo il lettore attraverso la multiversità del suo spettro teorico (un romanzo, un film, un fatto teatrale, un’occasione artistica) e insieme verso la costruzione rigorosa di un ragionamento.

Secondo i geografi esistono due tipi di isole. È un’informazio­ne preziosa per l’immaginazione poiché conferma ciò che essa sa­peva da altre fonti. Non è il solo caso in cui la scienza rende più concreta la mitologia, e la mitologia rende la scienza più animata. Le isole continentali sono delle isole accidentali, derivate: sono se­parate da un continente, nate da una disarticolazione, da un’ero­sione, da una frattura, sopravvivono all’inabissamento di ciò che le tratteneva. Le isole oceaniche sono delle isole originarie, essen­ziali: talvolta sono costituite da coralli, e si presentano come un vero organismo, talvolta sorgono da eruzioni sottomarine, e diffon­dono nell’aria libera i movimenti del fondo; alcune emergono len­tamente, altre invece spariscono e poi riappaiono, senza lasciarci il tempo di annetterle. Questi due tipi di isole, originarie o conti­nentali, testimoniano una profonda opposizione tra l’oceano e la terra. Le prime ci ricordano che il mare è sulla terra, e che si gio­va di ogni minimo affossamento dei rilievi più alti; le seconde, che la terra è anche lì, sotto il mare, e raccoglle le sue forze per fende­re la superficie. Riconosciamo che gli elementi in generale si dete­stano, hanno orrore gli uni degli altri. In tutto questo non c’è nien­te di rassicurante. Così, il fatto che un’isola sia deserta ci deve sembrare filosoficamente normale. L’uomo può vivere bene e in si­curezza soltanto se presuppone che la continua lotta tra la terra e l’acqua sia conclusa (o almeno dominata). Chiama questi due ele­menti padre e madre, attribuendo i sessi a seconda della sua fan­tasia. Deve cercare di persuadersi che non esiste una lotta di que­sto genere, deve cercare di fare in modo che non ce ne siano più. In un modo o nell’altro, l’esistenza delle isole è la negazione di un simile punto di vista, di un tale sforzo e convinzione. Continue­remo a stupirci del fatto che l’Inghilterra sia popolata; l’uomo può vivere su un’isola solo dimenticando ciò che essa rappresenta. Le isole sono antecedenti all’uomo, o destinate a ciò che viene dopo.

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