Che cos’è la follia e perché interessarsene? Interrogare la causalità della follia vuol dire interrogare l’etica del soggetto. Il folle infatti ha molto di dirci e da mostrarci della nostra stessa umanità.
«Insondabile decisione dell’essere» – boutade, provocazione, enunciazione ispirata – la frase appartiene al primo Lacan e non viene mai più ripresa lungo il corso del suo insegnamento. Eppure in essa c’è la chiave per comprendere come l’essere del soggetto abbia incontrato sul suo cammino quella compagna di vita chiamata follia.
Otto tra filosofi, psicoanalisti e medici cercano in questo volume di sbrogliare l’inestricabile matassa di ciò che è strutturalmente indicibile.
Saggi di: Paolo Bellini, Sergio Benvenuto, Matteo Bonazzi, Domenica Cosenza, Cristiana Fanelli, Viviana Faschi, Silvia Vizzardelli
L’insondabile decisione dell’essere
Nella sua opposizione teorica all’organicismo in quel momento imperante in ambito psichiatrico, Lacan costruisce, sulla scorta del concetto sartriano di scelta originale ingiustificabile e contingente, come ha ben mostrato Clotilde Leguil nel suo Sartre con Lacan, la dimensione della decisione inconscia a fondamento della posizione soggettiva. Non volendo precipitare da un opposto all’altro, tra il determinismo organicista e il decisionismo fenomenologico-esistenziale, Lacan propone una terza via: la causalità psichica è irriducibile tanto alla logica scientifica della spiegazione quanto a quella umanistica della comprensione – si tratta di un «esercizio di comprensione al servizio della spiegazione».
È in gioco una liberazione. Se si segue Lacan nel mantenere sempre la posizione di soggetto anche nella psicosi, se, cioè, si concorda nel sostenere che «la psicoanalisi, irrealizzando il crimine, non disumanizza il criminale», allora la psicosi, presa come decisione, è una questione eminentemente politica.
Perché mai si tratterebbe di liberarsi? Da che e in che modo? Il soggetto è sempre un soggetto a: prima ancora di nascere ed emettere il primo vagito, siamo inscritti all’interno del discorso dell’Altro. Prima viene il discorso dell’Altro, cioè quelle che in seguito chiameremo il nostro inconscio, poi si viene al mondo. Parlati, prima ancora che parlanti, e per questo marchiati, sul corpo, dalle parole che hanno accompagnato i pensieri, i desideri, le frustrazioni di chi, appunto, ci ha atteso. Questo è l’inconscio, strutturato come un linguaggio, scoperto da Freud e ritrovato da Lacan. Non una supposta profondità misteriosa che ci abiterebbe nell’interiorità più intima di noi stessi, ma proprio il campo di uno psichismo esteso in cui siamo situati dall’Altro. Questa condizione di soggetto a, come ora si comprenderà bene, chiama a una liberazione. Politicamente, il soggetto è strutturalmente assoggettato all’Altro, al suo discorso, al suo sapere, alla sua verità. Liberarsi significa, da questo punto di vista, arrivare a rovesciare il vettore e passare da soggetti a a soggetti di.