L’arte somma è stata la tragedia classica. «Maggiore bellezza non può esservi né divenire» scrive Hegel nella sua Estetica. Nella tragedia il dolore trapassa in conoscenza: dalla lacerazione s’impara. La tragedia quasi tocca il concetto, ma non riesce ad afferrarlo, ad articolarlo: non diventa ancora logica. Proprio qui comincia il tentativo della filosofia.
Saggi di: Adone Brandalise, Massimo Donà, Gianluca Garelli, Sergio Givone, Marco Moschini, Gaetano Rametta, Francesco Valagussa
Sergio Givone, Hegel, il tragico e la religione
Entgegensetzung secondo Hegel (negli scritti giovanili, fino al Frammento di sistema, che risale al 1800) è la parola-chiave per dire l’essenza della religione. Ciò appare quanto meno paradossale, se si considera che la religione, per Hegel non meno che per la coscienza comune, è religione, re-ligio, rilegamento di ciò che è opposto e contrapposto ad un principio unificatore. La religione è quella che riporta ad una superiore armonia quanto c’è di lacerato e di dissolutivo nel mondo. Per la religione non c’è dissidio che non possa essere ricomposto, addirittura non c’è contraddizione che non possa essere sanata. Ut unum sint sta interamente nel segno del religioso.
Ciò vale per forme estreme di Entgegensetzung, quali sono ad esempio la contrapposizione di bene e male, fede e miscredenza, teismo e ateismo. Nulla vieta che dal punto di vista della religione persino il male (che è qualcosa di ultimo o non è, è qualcosa che, benché “superato” tuttavia resta per sempre, è una ferita nel cuore dell’essere o, se si vuole, di Dio) venga subordinato al bene. Non certo nel senso che il male sia un suo strumento o una sua occasione, ma nel senso che il bene è pur sempre una vittoria sul male, è male redento (il bene allo stato puro, il bene senza il male neppure possiamo figurarcelo, e quando lo facciamo inconsapevolmente ne facciamo la parodia). Quanto poi a fede e miscredenza, chi non riconosce che la fede si nutre della miscredenza come del presupposto che la fortifica e che la miscredenza ha spesso una sincerità e una onestà che sono proprie della fede più autentica? Infine l’aut-aut di teismo e ateismo, che a ben vedere è tutt’altro che un aut-aut, se è vero, com’è vero e come appare difficilmente confutabile, che l’ateismo presuppone il teismo, presuppone Dio, altrimenti la negazione perderebbe qualsiasi vigore e qualsiasi consistenza, così come il teismo presuppone l’ateismo, perché è possibile affermare Dio solo sapendo che Dio è una scommessa, un’ipotesi, una realtà del tutto eventuale ed emergente da un abisso insondabile (l’abisso su cui Kant aveva visto affacciato Dio stesso), e non certo l’essere necessario.
Ma qui non si tratta di forme più o meno estreme di contrapposizione; si tratta, com’è detto nell’incipit peraltro monco del Frammento di sistema, di una absolute Entgegensetzung, una contrapposizione assoluta, una contrapposizione che non si lascia togliere né risolvere in altro. Com’è possibile una cosa del genere? Come può darsi nella religione una contrapposizione che non può essere tolta? Che religione è mai quella che fa coincidere la sua essenza con tale contrapposizione assoluta? È la religione cristiana, secondo Hegel. La religione cristiana in quanto assolutamente opposta alla religione ebraica, di cui tuttavia è figlia.
La religione cristiana si contrappone assolutamente alla religione ebraica come religione dell’Amore opposta alla religione della Legge. Lo “spirito del cristianesimo”, il Geist des Christentums è che Dio è Amore. Lo “spirito dell’ebraismo”, il Geist des Judentums è che Dio è la Legge.
Recensioni
Il tragico nell’idealismo tedesco, a cura di Francesco Valagussa, Orthotes Editrice, Napoli-Salerno 2018, 312 pp., 17 euro (collana: Germanica)
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