Friedrich W.J. Schelling, Sistema dell’idealismo trascendentale

Scritto pressoché di getto a venticinque anni, il Sistema dell’idealismo trascendentale rimane una delle opere capitali di Schelling. Dalla visione di natura e spirito quali due aspetti di un unico processo, segue che filosofia della natura e filosofia dello spirito non possano essere se non indisgiungibilmente connesse nella loro essenziale distinzione e reciprocità. La prima, muovendo dall’elemento oggettivo, ne esibisce la soggettività; la seconda, detta anche “filosofia dell’io” o “filosofia dell’intelligenza”, muove viceversa dall’elemento soggettivo per mostrarne l’oggettività. L’una mostra l’idealità della natura, l’altra la realtà dello spirito. L’idealismo trascendentale schellinghiano vuole proporsi quale “ideal-realismo”, articolandosi in una filosofia teoretica e in una filosofia pratica, ma compiendosi sinteticamente soltanto nella filosofia dell’arte. Alla quale riesce di ricomporre quanto la storia non unifica: il sapere, l’agire e il fare. L’arte, “chiave di volta del sistema”, comunica alla coscienza ordinaria, non solo a quella filosofica, l’unione e l’identità originarie di soggettivo e oggettivo. La bellezza costituisce il punto di convergenza di infinito e finito, di spirito e natura, di conscio e inconscio. L’intuizione estetica coglie così nell’opera artistica, seppur imprevedibilmente e istantaneamente, il riflesso sensato dell’uno-tutto originario.

«Daß ein System»: qui, letteralmente, l’inizio. ‘Sistema’ è il termine da cui muove il titolo e, di nuovo, quello da cui la Prefazione schiude i paragrafi del testo. ‘Sistema’ è la parola, o meglio, l’idea che magnetizza l’attività filosofica schellinghiana attorno al 1800. Una rapida scorsa ai titoli basta a documentarlo: Primo abbozzo di un sistema di filosofia della natura (1799); Sistema dell’idealismo trascendentale (1800); Esposizione del mio sistema di filosofia (1801); Ulteriori esposizioni del mio sistema di filosofia (1802); Sistema dell’intera filosofia (1804). Schelling pubblicherà altri sistemi in decenni successivi, basti pensare al Sistema delle età del mondo (1827-’28; 1832-’33) e al Sistema della filosofia positiva (1832-’33; 1836-’37): non v’è chi non veda, però, la densità delle occorrenze fra 1799 e 1805. Quasi una mania in quel giro d’anni sembra essersi impossessata di lui, averne abbagliata e pervasa la mente: erigere il sistema.

L’esigenza è rintracciabile nei suoi scritti, di là dai titoli stessi, già prima delle opere menzionate. Come la formula Schelling? Ovvero, cosa cerca nel ‘sistema’? Un articolo redatto nel 1797 per il “Philosophisches Journal” di Fichte e Niethammer, poi compreso nella Rassegna generale della letteratura filosofica più recente, fornisce una definizione destinata a rimanere forse la più perspicua: «Si definisce sistema solo un intero che regge se stesso, un intero che, chiuso in se stesso, non presuppone, fuori di sé, alcun fondamento del suo movimento e della sua connessione».

Nell’elaborare e rielaborare sistemi, Schelling affronta la problematica epistemica dell’‘intero’ del sapere filosofico, è chiaro. Ed è altrettanto chiaro che vi consideri una questione di ‘filosofia prima’, per dirla con l’espressione classica. Il sistema è l’intero. Un intero, sì, conchiuso in quanto fondato in se stesso, ma interconnesso e in movimento, che vive e si autorganizza. Come si vedrà, il suo fondamento è necessariamente unico, inoggettivabile. Anzitutto, però, sussiste, è. Non può, cioè, essere un nulla. Fra il sistema del sapere e l’essere, anzi il determinato esserci (sia della singola cosa, del vivente, sia del sapere stesso), deve porsi una fitta rete di tramiti che rifluiscono l’uno nell’altro circolarmente, organicamente. L’intero del sapere è. È ciascuna sua singola partizione, la quale in tanto vi è implicata e lo articola, in quanto essa stessa consiste in un modo di essere da cui il sapere non può venir separato, giacché, piuttosto, ne vive.

— Dall’Introduzione di Guido Boffi

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