Simone Aurora, Il campo della coscienza. Aron Gurwitsch e la fenomenologia trascendentale

Il volume offre la prima presentazione generale – non solo in lingua italiana – della figura e del pensiero di Aron Gurwitsch, fenomenologo di origini lituane la cui influenza sulla filosofia europea e americana del XX secolo è stata, e continua a essere, ingiustamente sottovalutata. La ricostruzione assume i tratti di un attraversamento insieme storico e teorico e ambisce a restituire i contorni essenziali del contesto scientifico-culturale entro cui si colloca la proposta filosofica di Gurwitsch, di cui viene fornita inoltre un’analisi complessiva e dettagliata. Lo studio intende mostrare, in particolar modo, la rilevanza dell’opera di Gurwitsch all’interno della tradizione fenomenologica e, più in generale, della filosofia di matrice trascendentale. Vengono inoltre resi disponibili per la prima volta, al pubblico italiano, alcuni passaggi decisivi tratti dalle opere di Gurwitsch, di cui non esiste ancora alcuna traduzione in lingua italiana.

Ricordando Gurwitsch, scomparso a Zurigo il 25 giugno del 1973, Lester Embree rinveniva la specificità dell’opera del maestro nella volontà di «trasformare le teorie husserliane relative all’io, all’oggetto, all’attenzione, alla percezione e alla natura del pensiero». Considerazioni analoghe si ritrovano in una nota scritta, in occasione della morte del fenomenologo di origini lituane, da Hans Jonas – collega di Gurwitsch alla New School for Social Research di New York: «dall’inizio alla fine», scrive Jonas, «il tema dominante [della sua ricerca] è stata la progressiva realizzazione – e, laddove necessario, revisione – del programma di lavoro approntato da Husserl». Si tratta quindi, nel caso di Gurwitsch, di una “fedeltà critica” nei confronti del padre della fenomenologia, ovvero di un’esplicita e convinta adesione ad un paradigma filosofico che, tuttavia, non assume mai i tratti di una difesa di scuola o di una mera ripetizione. È lo stesso Gurwitsch a riassumere, nell’introduzione al secondo volume dei Collected Works, i punti cardinali che animano la sua riforma della fenomenologia husserliana:

l’attenzione nei confronti della teoria della Gestalt e l’utilizzo dei suoi risultati, così come delle sue nozioni teoriche, ha condotto colui che scrive a divergere da alcune teorie di Husserl. In primo luogo, la nozione di dato iletico, il dato sensibile della tradizione filosofica e psicologica, dev’essere abbandonato. Ciò conduce ad una certa modificazione della teoria dell’intenzionalità […] Sulla scia di tale ragionamento, colui che scrive è giunto [così] a sviluppare […] una teoria correlazionale della coscienza, ovvero a definire l’intenzionalità come correlazione noetico-noematica […] In parte per l’attenzione riservata alla teoria della Gestalt, in parte per ragioni immanenti alla fenomenologia, l’autore ha [inoltre] elaborato una concezione non-egologica della coscienza.

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