«Il cinema era fatto per pensare, e dunque per guarire le malattie». È possibile interpretare l’opera di Jean-Luc Godard alla luce di questa sua enigmatica tesi? Attraverso la sua produzione audiovisiva e teorica, il cinema apparirà come uno strumento di conoscenza della vita, una conoscenza di tipo scientifico più che filosofico. Non una conoscenza puramente contemplativa, ontologica (“che cos’è la vita”) o semplicemente morale (“il senso della vita”) ma una conoscenza sperimentale, basata sull’osservazione, l’analisi e il collegamento dei fenomeni, della vita e della morte, capace di funzionare quale strumento operativo, efficace: una «farmacologia», secondo la definizione introdotta da Bernard Stiegler. Per Godard, infatti, il cinema sarebbe in grado di individuare e mostrare i sintomi delle patologie che affliggono la vita umana, mostrarne l’evoluzione e gli esiti possibili, potendo quindi funzionare quale strumento di previsione, prevenzione e cura dei mali che, attraverso l’immaginario, contagiano la vita umana.
Diplopie
Histoire(s) du cinéma si apre con una brevissima sequenza al rallentatore tratta da La finestra sul cortile di Hitchcock: un primissimo piano di James Stewart, il teleobiettivo della sua macchina fotografica occupa orizzontalmente la metà sinistra dello schermo, Stewart, a destra, distoglie lo sguardo dal mirino, come per riflettere su ciò che ha appena visto o scoperto. In sovrimpressione appare la scritta «che ciascun occhio» che riappare, dopo uno stacco in nero, nell’immagine successiva tratta da Rapporto confidenziale di Welles: Misha Auer guarda attraverso una lente d’ingrandimento; nell’immagine successiva, in primo piano, il suo sguardo, ripreso dall’altro lato della lente, deformato fino a sdoppiarsi, un occhio più grande a sinistra, l’altro, a grandezza normale, a destra. In sovrimpressione appare la scritta: «negozi per se stesso», mentre si sente la voce off di Godard che cita Bresson: «Non mostrare tutti i lati delle cose. Conserva un margine di indefinito». Il cinema è innanzitutto inquadrato come uno strumento tecnico per osservare la realtà, una protesi che permette di superare i limiti della visione naturale, permettendo di vedere ciò che non appare a occhio nudo, di avvicinare e ingrandire la realtà. Altro stacco in nero e in sottofondo si sentono rumori e voci distorte, appare in dettaglio lo scorrere veloce della pellicola di un film al tavolo di montaggio che rivela la causa della distorsione delle voci: il movimento, prima accelerato, poi rallentato, della pellicola.