Gian Pietro Soliani (1983) è docente di storia e filosofia nei licei e di materie filosofiche allo Studio teologico interdiocesano di Reggio Emilia. Nel 2017, ha conseguito un dottorato di ricerca in scienze filosofiche all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Oltre al pensiero di Rosmini, ha dedicato le sue ricerche alla Scolastica medievale e moderna. Su Rosmini ha pubblicato la monografia Rosmini e Duns Scoto. Le fonti scotiste dell’ontologia rosminiana (Padova 2012).
Rosmini, tra tradizione e modernità
Per Rosmini, la riflessione filosofica, come la riflessione teologica, non fu una traversata nel deserto in solitaria. Il progetto di un’enciclopedia cristiana – concepito dal nostro autore negli anni giovanili – da opporre all’Encyclopédie degli illuministi francesi, prevedeva l’aiuto di alcuni amici, che poi abbandoneranno l’impresa. D’altra parte, lo stesso lavoro di riflessione filosofica e teologica si doveva basare, per Rosmini, sul contributo fondamentale della grande tradizione greca, patristica e, poi, scolastica. Rosmini non si concepì come un radicale innovatore, ma semmai come un cristiano del suo tempo che risponde alle contraddizioni di una certa modernità, mostrando, tra le altre cose, che «difficilmente i sani e sommi intelletti sono discordi fra loro in ciò che sicuramente affermano più che nell’apparenza». Ecco il senso in cui Rosmini intende la tradizione, come qualcosa a cui attingere con un intento vivificante, secondo l’indicazione di Bernardo di Chartres: l’essere un nano sulle spalle di giganti. Questo porta il pensatore di Rovereto a cercare un continuo dialogo con la modernità, non solo per rispondere agli errori, ma anche per accoglierne le sollecitazioni positive, da qualunque parte provengano, con un intento ricomprensivo, per quanto possibile.
Mi riconosco in pieno in queste parole. Antonio Rosmini è un gigante pressoché sconosciuto. Se si leggesse, si scoprirebbe che la verità cattolica può vivificare efficacemente la cultura e la vita.