Giampaolo Ghilardi insegna Fondamenti di antropologia ed Etica presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma. Le sue linee di ricerca principali sono l’etica del metodo scientifico, le etiche applicate alle neuroscienze, alla robotica e alla medicina. Tra le sue pubblicazioni più recenti: The political nature of medicine (in «The Lancet» 395, 2020) e i volumi: Il tempo delle neuroscienze (Roma 2012), La mucca pazza e il dottor Watson, filosofia e deontologia dell’agire medico (con Vittoradolfo Tambone, Roma 2015), L’etica dell’agire scientifico e tecnologico (Milano 2018), L’uomo analogico (Napoli-Salerno 2020).
Il senso dell’analogia
Per comprendere il senso dell’analogia, di quel ragionamento che potremmo indicare secondo la formula del “come se”, è utile cominciare a riflettere su come l’essere umano impiega le proprie caratteristiche specifiche: intelletto e volontà. È questo un punto di partenza utile e privilegiato anzitutto perché accessibile a chiunque, ciascuno ha esperienza di attività intellettive e volitive, quali che siano gli oggetti di intellezione e di volizione, e poi perché ragionando su queste operazioni si può vedere da subito come una scansione troppo netta tra ambiti sicuramente distinti, ma non divisi, sia forviante. Notare cioè la parentela (uno dei sensi di analogia, e non l’ultimo, è proprio quello di familiarità) tra due sfere tradizionalmente considerate molto distanti l’una dall’altra aiuterà a cogliere il senso di continuità e discontinuità caratteristico del movimento analogico.
Una tradizione consolidata ci ha consegnato l’idea che morale e scienza, intelligenza e volontà, siano due domini sostanzialmente eterogenei, governati da logiche differenti, con differenti scopi e differenti modalità di impiego. La riflessione che si cercherà di sviluppare intende ricalibrare la portata di questa tesi, esplicitando quali siano le condizioni etico-morali per l’esercizio dell’intelligenza, poiché è sempre più evidente che la scansione rigida intelligenza/volontà non descrive adeguatamente né i fenomeni morali né quelli legati alla conoscenza. È sempre più frequente imbattersi in lavori che mostrano gli impliciti etici del lavoro scientifico così come quelli cognitivi dell’agire morale.