«Che cos’è la natura? A questa domanda in generale vogliamo rispondere mediante la conoscenza della natura e la filosofia della natura. Noi troviamo la natura davanti a noi come un enigma e un problema, che altrettanto ci sentiamo spinti a risolvere, quanto ne veniamo respinti: attratti, poiché lo spirito vi si presagisce, respinti da qualcosa di estraneo in cui lo spirito non si ritrova. La filosofia, dice Aristotele, è cominciata dalla meraviglia».
Nel presentare la sua edizione della Filosofia della natura Michelet indicava in Goethe e Hegel i due “geni” destinati ad aprire in futuro la strada a una “fisica speculativa” quale conciliazione della speculazione con l’esperienza. Questo auspicio risultava ben presto irrealizzabile di fronte agli sviluppi tanto della scienza che della filosofia. Nell’Ottocento, infatti, ai mutamenti profondi e spesso rivoluzionari nelle scienze, alla diffusione del positivismo e alla reazione complessiva contro l’idealismo ha corrisposto una violenta polemica contro la “filosofia della natura” in generale e non solo quella hegeliana (spesso senza avvertirne anche le differenze, come pure sarebbe stato necessario). Ma anche nel Novecento la forte ripresa di studi hegeliani, avviata da Dilthey con l’interesse per gli scritti giovanili, e concretatasi poi nelle importanti edizioni delle opere e degli inediti da un lato e in vere e proprie riprese del pensiero hegeliano dall’altro, non ha dato luogo per molto tempo a un mutamento cospicuo per quel che riguarda la filosofia della natura. Rispetto a queste considerazioni generali, tanto per l’Ottocento quanto per il Novecento richiederebbe poi un discorso specifico il marxismo; se per un lato, infatti, esso ha respinto gli aspetti idealistici del pensiero hegeliano, in quanto considera la natura come un momento dello sviluppo dell’idea, per altro verso non ha cessato di confrontarsi con il metodo dialettico anche rispetto alla natura e alle scienze, sia pure in forme e con esiti diversi. Tornando comunque al quadro generale, si può dire che negli ultimi decenni del secolo appena trascorso la situazione è molto cambiata, all’incirca dall’inizio degli anni Settanta, anche in concomitanza con la celebrazione del duecentesimo anniversario della nascita di Hegel che ha dato luogo a congressi e a pubblicazioni di atti e raccolte di studi nelle quali la filosofia della natura ha trovato ampio spazio e attenzione. Ed è molto interessante e per certi aspetti sorprendente che in quegli anni la filosofia della natura susciti particolare interesse proprio nell’area anglosassone, dove più si erano fatte sentire le conseguenze negative della polemica, spesso molto aspra, di Hegel contro Newton e la scienza che a lui si richiama. Nel 1970 si aveva così la pubblicazione di due traduzioni in inglese della Filosofia della natura della grande Enciclopedia con le Aggiunte che, com’è noto, ne costituiscono la parte di gran lunga più ampia. Sempre a quell’epoca risale poi un fatto molto significativo: la Hegel Society of America e il Boston University Center organizzarono un simposio su Hegel and the Sciences a cui parteciparono numerosi importanti studiosi nordamericani ed europei e i cui Atti vennero poi pubblicati nel 1984 nella collana dei «Boston Studies in the Philosophy of Science»; non che nel volume mancassero interventi fortemente critici, ma, per la sua articolazione e livello, l’iniziativa rappresenta un momento di notevole importanza degli studi hegeliani in questo campo. E, sempre per volerci attenere a un sintomo importante come l’interesse per il rapporto di Hegel con Newton, non si può non segnalare come un fatto anche storicamente assai significativo che nell’autunno del 1989 fu tenuto proprio a Cambridge come Trinity Conference un importante congresso su Hegel and Newtonianism organizzato da M.J. Petry sotto gli auspici dell’istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli.
[Dall’Introduzione di Valerio Verra]