Le nostre vite, singolari e collettive, sono attraversate da forme di automatismo che agiscono al di sotto della soglia cosciente e determinano parte dei nostri comportamenti: automatismi naturali, automatismi acquisiti (l’abitudine come seconda natura) ma anche automatismi sociali. Il presente studio interroga tale problema approfondendo la questione etica e politica della de-automatizzazione, attraverso un originale percorso di riflessione teorica sulle nozioni di automaton, abitudine, habitus e postulando la necessità di un “apprendimento critico” dei nostri automatismi. Lungo un asse che da Aristotele giunge a Merleau-Ponty, Bourdieu, Sennett e Bateson, il libro disegna i tratti preliminari di un’etica della corporeità: solo nelle resistenze del corpo, inteso come mediazione vivente tra ripetizione e variazione, tra passività e attività nell’azione, potrà aver luogo la de-automatizzazione, cioè quell’interruzione dall’interno dei nostri automatismi che è in grado di spiazzare il soggetto etico ma, al contempo, di ri-formarlo.
Il paradosso dell’attore
Se prendiamo il testo di Denis Diderot, Paradosso sull’attore o quello di Konstantin Stanslavskij, Il lavoro dell’attore su se stesso, potremo estrapolare una definizione dell’attore come campo di un paradosso vivente. Si tratterà, per i nostri scopi, di precisare il senso di tale paradosso, cioè di capire entro quali limiti la tensione dialettica – che essi esprimono – tra gesto e rappresentazione, tra automatismo inconscio e attenzione vigile, sia una tensione etica. Essa riguarda probabilmente una certa instabilità antropologica formativa, reperibile nel comportamento dell’essere-umano in generale.
Per un verso, in Diderot al vero attore è richiesto di essere – tramite esercizio – padrone di sé. Divenuto il sereno spettatore della natura umana, in un certo senso l’attore è in grado di riprodurla: «le qualità fondamentali di un grande attore. Da parte mia, esigo che abbia molto raziocinio; voglio che sia freddo e tranquillo: di conseguenza richiedo da lui penetrazione e punta sensibilità, la capacità di imitare tutto, o, ciò che in fondo è lo stesso, un’uguale disposizione per ogni carattere o parti».