Fabio Grigenti (Vicenza 1964) è professore associato di Storia della Filosofia Moderna e Contemporanea presso l’Università degli Studi di Padova. Le sue ricerche si sono perlopiù concentrate sul pensiero tedesco tra Otto e Novecento con particolare attenzione al rapporto tra scienza, tecnica e filosofia. Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo: Existence and Machine (Amsterdam-New York 2016); Estasi e saggezza. Sulla disciplina dell’anima tra Omero e gli Stoici (Padova 2018); Mente, cervello, intelligenza artificiale (con E. Carli, Milano 2019).
Il tecnicismo umano e le forze della natura
Come l’antropologia ha iniziato recentemente a chiarire, il passaggio evolutivo agli ominidi si è compiuto attraverso trasformazioni dello scheletro dei vertebrati che hanno interessato soprattutto la verticalizzazione della colonna vertebrale.
Una delle conseguenze di questo profondo mutamento dell’assetto anatomico è stata la liberazione degli arti anteriori, che da strutture di sostegno e ancoraggio, sono divenuti strumenti di manipolazione altamente perfezionati. La mobilità della mano umana, la sensibilità estrema e la precisione con cui le dita possono toccare, trascegliere e trattenere oggetti, anche di piccole dimensioni, non ha uguali tra i primati. L’uomo è innanzitutto un essere che esplora e modifica il mondo con le sue estremità superiori. Nel gesto del vasaio che modella il vaso, chiudendo e allargando il palmo della mano, è fissato lo schema meccanico essenziale del tecnicismo naturale della nostra specie. Al pari del linguaggio, la capacità di usare e fabbricare strumenti è oggi da più parti considerata come il tratto distintivo dell’umano.