«Restituire un senso al concetto di vita interiore»: è questo l’intento di L’essenza della manifestazione. E questo implica non semplicemente che “si ragioni su” ma che si ritorni al senso dell’interiorità una volta mostrata l’insostenibilità del potere assoluto della ragione in ordine al vero, la sua incapacità nell’elaborare, a partire da sé, una conoscenza della vita e del reale. Occorre abbandonare ogni pensiero che si costruisca come rappresentazione per accogliere, nel pensiero, il disvelarsi stesso della vita, assolutamente interiore e non rappresentabile, lasciando che il pensiero sia rimodulato nel dirsi della vita. Un pensiero affettivo le cui sfumature sono le stesse della vita e del suo pathos, i cui passaggi sono i passaggi interiori di un’affettività che si articola, si differenzia, si ricompone, sprofonda nell’unità essenziale del sentirsi, nell’abbraccio della vita, in quella stretta che è adesione a sé, pura gioia, nell’impotenza e nella povertà radicale.
È a se stessi, alla profondità di se stessi in quanto soggettività vivente, che conducono questo pensiero filosofico e la densità del linguaggio che lo esprime.
Il carattere originario della manifestazione dell’essere
L’affermazione secondo la quale l’essere deve poter mostrarsi è ambigua. Questa ambiguità aumenta al punto da depistare la ricerca e travisare il significato della problematica relativa all’essenza quando la possibilità per l’essere di mostrarsi viene posta in relazione con il lavoro metodologico della fenomenologia. Il lavoro metodologico della fenomenologia è inteso come esercizio di delucidazione. Delucidare significa mostrare, far giungere alla luce ciò che originariamente non si trova nel suo raggio. Ciò che deve essere delucidato è ciò che innanzitutto si nasconde. Quando è messa in relazione con il lavoro di delucidazione della fenomenologia, la possibilità per l’essere di mostrarsi appare come una possibilità che di per sé non è effettiva, che ha la sua realizzazione precisamente solo in e attraverso quel lavoro. Solo quando la fenomenologia ha compiuto la sua opera, l’essenza da essa delucidata giunge alla luce, ovvero l’essere si mostra. Il primo risultato della delucidazione del concetto di fenomeno è stato tuttavia di rendere evidente la necessità di operare una dissociazione tra il lavoro di delucidazione, che definisce il compito della fenomenologia, e la realtà del concetto che forma il suo oggetto, vale a dire: il sorgere dell’essenza nell’effettività della sua condizione fenomenale. La manifestazione dell’essere, lungi dal potere essere una semplice conseguenza del lavoro metodologico di delucidazione della fenomenologia, ne è invece la condizione, visto che essa è la condizione di ogni possibile manifestazione di un qualsiasi ente in generale. La manifestazione dell’essere quindi non si realizza nell’“infine” dell’opera compiuta dalla fenomenologia, ma nel “già” della sua condizione originaria che è, come tale, come il già della manifestazione pura effettiva che rende possibile ogni comportamento e ogni passo ulteriore, l’assoluto. L’essere si manifesta fin d’ora, prima di ogni lavoro di delucidazione. Già: non solo come presupposto di tale lavoro, ma come una condizione assolutamente universale di ogni attività della coscienza naturale in generale.