Ivano Scotti, Vento forte. Eolico e professioni della green economy

La transizione ecologica è un tema di grande attualità. La società industriale ha determinato l’emergere di nuovi rischi per la salute dell’uomo e per gli equilibri ecosistemici del pianeta. La consapevolezza della necessità di un profondo mutamento in senso ecologico sembra piuttosto radicata e il sostegno, in generale, alle green policies pare confermarlo. Nell’elaborazione di soluzioni innovative green, i “saperi esperti” giocano un ruolo rilevante. In questo scenario, il testo prova a indagare il ruolo e la funzione dei professionisti verdi nel caso dell’energia dal vento, concentrandosi sul profilo professionale dello sviluppatore di impianti eolici (wind-farm developer). Di che tipo di professione si tratta? Qual è il bagaglio di conoscenze di tali figure? Che rapporto intrattengono con il contesto socio-territoriale in cui operano? In che modo si interfacciano con gli interessi del capitalismo green? In quale maniera mediano gli interessi delle comunità locali? Attraverso il richiamo a diversi riferimenti teorici (come l’approccio pragmatico alle professioni e l’Actor-Network Theory) e le risultanze di una ricerca empirica condotta nell’Appennino meridionale, il volume vuole contribuire a rispondere a questi quesiti, delineando inoltre la possibilità di un professionalismo “verde” che traduca la transizione ecologica a livello locale facendosi carico degli interessi delle comunità territoriali.

Rischio e questione ambientale

La teoria della società del rischio è stata formulata da Ulrich Beck a partire dalla considerazione che le condizioni di incertezza nelle società contemporanee siano dovute al successo (più che alla crisi) del processo di modernizzazione. Più precisamente, la modernità, nella sua evoluzione, da un lato ha esaurito e perso il suo opposto (la società tradizionale), dall’altro si trova a riflettere sull’esito del suo sviluppo, che nega le proprie promesse. La modernità industriale (che Beck definisce modernità lineare) ha cioè prodotto tratti di contro-modernità, poiché il contenuto universale dei principi moderni, come l’uguaglianza, l’autodeterminazione, ecc., si sarebbero strutturati in istituzioni in cui questi stessi principi non si sono potuti realizzare che in modo parziale e selettivo. Si pensi, ad esempio, al mercato del lavoro che presuppone un eguale trattamento per chi offre le proprie prestazioni e il perdurare delle diseguaglianze di genere su occupazione e retribuzione. Nel tempo queste istituzioni sono tuttavia state messe in dubbio dai processi di modernizzazione, aprendo situazioni di incertezze e complessità che derivano non dallo sgretolarsi del vecchio ordine sociale, ma dal radicalizzarsi del nuovo. La modernità si fa quindi riflessiva poiché rivolta a se stessa.

Recensioni

202007dic2:00 pmLe parole e le cose: L’impatto territoriale della transizione energeticadi Samadhi Lipari2:00 pm Le parole e le cose, MilanoRassegna stampa:Vento forte

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