Donato Jaja (Conversano 1839 – Pisa 1914) è stato uno dei più grandi filosofi della stagione neoidealistica italiana. Cominciato il suo percorso di studi a Bologna con il neokantiano Francesco Fiorentino, proseguì poi la sua formazione a Napoli, divenendo uno dei più valenti seguaci dell’hegelismo di Bertrando Spaventa. Mantenendo comunque una posizione assai originale rispetto alla scuola spaventiana, ottenne poi la cattedra di Filosofia Teoretica a Pisa, dove fu il maestro di Giovanni Gentile. Di carattere schivo e poco aperto alla sfera pubblica, la sua produzione fu assai ristretta, anche per via del continuo impegno dedicato a perfezionare i propri scritti. Tra le opere fondamentali: Origine storica ed esposizione della Critica della ragion pura di E. Kant (1869); Saggi filosofici (1886); Sentire e pensare (1886); Ricerca speculativa (1893); L’intuito nella conoscenza (1894).
Della sensazione
È un fatto, che prima che la coscienza appaja, è la sensazione. L’animale vive, innanzi che l’uomo sia nato. Oltreaciò, è pure un fatto, che sensazione e coscienza, animale ed uomo, sebbene costituiscano due sezioni distintissime, chiamiamole almeno così, del terzo dei tre regni, in cui si suole dividere la natura, pure non sono sì lontani l’uno dall’altro, che non stieno anche insieme, e pajano di essere come una medesima cosa. Difatti, come parte della vita umana è la vita animale, così parte della coscienza è la sensazione. Io vedo, tocco, gusto, ecc. il mondo naturale che mi circonda, né più né meno di quel che fa l’animale. Ma io non mi fermo qui. Quel che vedo, odo, tocco, ecc., quel medesimo penso. La funzione del sentire è comune a me e all’animale; ma mentre nell’animale resta puramente sentire, in me va oltre, e diventa una funzione superiore, funzione d’intendere, per cui penetro nella natura di quel che sento, e mi sollevo alle sue leggi. Nessuno vorrà negare la duplicità di tale funzione; per ora non entro nel valore che essa ha. Vi è, e basta; ché vita animale e vita umana, per quanto oggi appajano più strettamente congiunte che prima non si mostravano, non si sono certamente accomunate così, da farne una sola. Nasce quindi spontanea la domanda: sensazione e coscienza, sentire e pensare, sono la medesima cosa o sono cose diverse? Io non comincio ancora; pongo il problema, come oggi, nelle condizioni che ci son fatte, nasce, e chieggo a lui stesso, che m’indichi la strada che devo percorrere per risolverlo. Il problema non è semplice: esso è tutto il problema della vita e del sapere.