Diana Napoli

Diana Napoli ha studiato a Milano e a Parigi, dove ha conseguito il dottorato all’EHESS. Specialista di Michel de Certeau, ha consacrato alla sua figura numerosi contributi in italiano, francese e spagnolo. Si occupa di storiografia e filosofia contemporanea. Recentemente ha pubblicato Un mondo in testa. Vittorio Vidali (2023) e ha curato la raccolta di scritti di Jean-Paul Sartre Parigi occupata (2020). Dal 2020 è docente a contratto di Filosofia della storia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

Chi era Michel de Certeau? La famosa risposta – «solo un viaggiatore» – che lui stesso ci consegna in un articolo per la rivista Christus, ha solo l’effetto di deridere la domanda, trasformando colui che la pone nello spettatore de Il giardino delle delizie (il capolavoro di Bosch a cui Certeau consacra un saggio in Fabula mistica I), disorientato e incerto, osservato dagli occhi che lo spiano dal quadro piuttosto che osservatore, e interrogato come dalla Sfinge che gli domanda: «Cosa dici tu, di ciò che sei, credendo di dire quello che io sono?». Del resto, ha senso chiedere “chi era” all’autore di un’opera che è in realtà una continua interpolazione di se stesso (come ha dimostrato Andrès Freijomil), poco meno che eterodossa, interessata allo stesso tempo e con la stessa serietà, come aveva fatto notare Eric Maigret, a Ignazio di Loyola, ai fondamenti teorici della storiografia e alle lettrici del settimanale Nous Deux?

Non solo nessuna disciplina può pretendere una colonizzazione di Certeau, ma nessun lettore può eludere la difficile articolazione tra un Certeau propriamente storico, che si occupa di mistica del XVI e XVII secolo e cura le edizioni degli scritti di Pierre Favre e di Jean-Joseph Surin, un Certeau osservatore del proprio tempo che indaga la crisi delle istituzioni e le pratiche dell’invenzione del quotidiano dell’“uomo ordinario” e un Certeau “dinamitardo” che si muove tra le discipline facendosi strada con l’accetta freudiana, per dimostrarne l’infondatezza epistemica, per mostrarne il rovescio, i limiti, per prendersi gioco, con il «riso di Nietzsche», delle frontiere tra i saperi. Senza contare il Certeau “spirituale” e “teologo”, della collaborazione alle riviste Christus e Études, de Il Crisitianesimo in frantumi, persino l’autore di scritti pastorali.

E sullo sfondo di queste traiettorie che si sovrappongono e si intersecano, la tensione, ugualmente ineludibile, come ha notato problematicamente un acuto lettore della sua opera, Pierre-Antoine Fabre, tra l’«appartenenza cristiana» dell’opera di Certeau «nella sua globalità» (e l’appartenenza, aggiungiamo, alla Compagnia di Gesù di cui, in particolare oltreoceano, si scopriva con stupore che non era una leggenda) e la portata centrale nella sua produzione della questione mistica che segna la «difficoltà […] a dire il nome del Padre, a parlare il linguaggio ricevuto in nome del Padre, a essere questo nome».

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

X