Derrida chi? Un ritratto, tredici interviste, Igor Pelgreffi (cur.)

Cosa resta, oggi, di Derrida? Che tipo di riflessione è oggi possibile sulla sua opera? Questo libro raccoglie tredici interviste inedite a filosofi e intellettuali italiani che ripercorrono il proprio rapporto con la figura e il pensiero di Jacques Derrida, sia da un punto di vista teorico che biografico. Muovendo da acquisizioni, allontanamenti e qualche retroscena, il libro ricostruisce la figura di Derrida mediante una molteplicità di voci, differenti sia per formazione che per età anagrafica: un “ritratto cubista” che restituisce un’immagine tutt’altro che unitaria. Indagando il modo nel quale i protagonisti delle interviste si confrontano e (si) riflettono sull’oggetto rappresentato (Derrida), indirettamente il libro rappresenta anche un’indagine sulla filosofia italiana del secondo Novecento e sulle ragioni della ben nota difficoltà di assimilazione della riflessione derridiana. E sui possibili problemi da ciò sollevati: che cosa accadrebbe se Derrida fosse davvero compreso?

Contributi di: Valerio Adami, Stefano Agosti, Gianfranco Dalmasso, Silvano Facioni, Maurizio Ferraris, Manlio Iofrida, Riccardo Panattoni, Silvano Petrosino, Caterina Resta, Pier Aldo Rovatti, Carlo Sini, Gianni Vattimo, Francesco Vitale

La raccolta di interviste: una terza via tra monografia e poligrafia?

Questo libro è una raccolta di interviste. Il che significa che quanto appena detto sull’intervista si rifrange alla potenza n, dove n è il numero di interviste. Ma le n interviste hanno tutte il medesimo punto di fuga, cioè sono discorsi diretti verso un oggetto (Derrida e la sua filosofia): sono come “intenzionate” dall’oggetto. Sul piano metodologico, è plausibile sostenere che si forma qui un’immagine dell’oggetto che è anche una sua conoscenza? Di che tipo di conoscenza si tratta?

Un libro di interviste non equivale a una monografia. Ma neppure a un testo polifonico, come possono esserlo gli atti di convegno, il fascicolo monografico di rivista o il collettaneo di saggi. Una raccolta di “interviste sul tema” rappresenta una sorta di terza via, ancora indeterminata, tra il monologo e il polilogo, tra il punto di vista individuale e la costellazione dei punti di vista plurali. Un libro di interviste è anche un esperimento: si pone strutturalmente in una sua propria differenza, una distanza rispetto ad altri dispositivi egualmente possibili, che sono del resto più precisi come capacità di misurazione, senz’altro più collaudati e codificati sul piano di una sociologia della cultura, ma non per questo da considerare come gli unici strumenti possibili.

Vediamo meglio, allora, che cosa accade in questo libro. Innanzitutto, si richiede al lettore uno sforzo: dato il modo con cui sono condotte le interviste, lo sforzo corrisponde al fatto che esistono due piani che si sovrappongono, e che occorre tenere sotto lo sguardo contemporaneamente. Un piano è quello sul quale prende forma la figura cubista, come risultante vettoriale delle n linee di forza delle n interviste. Certo, non si tratta di un’immagine oggettiva: al lettore spetta un ruolo attivo di invenzione dei nessi o di produzione di relazioni significanti tra le n immagini emergenti. Tutto accade come quando, al termine di un documentario filmato su un protagonista assente, fatto da tante testimonianze, spentasi l’immagine sullo schermo noi “ci facciamo un’idea” dell’oggetto rappresentato. Tale immagine-idea ha sempre una doppia origine: essa deriva in parte da una sommatoria di impressioni sensibili e in parte da una connessione significante che noi operiamo tra queste impressioni. Soma-sema.

Il secondo piano di lettura è più complesso da definire. Esso è dato come effetto del ritmo e della scelta registica di fondo nella conduzione delle interviste. In breve, e come verrà immediatamente in chiaro al lettore, si è concesso un peso considerevole non solo alle domande su Derrida, ma anche all’analisi della vita e del percorso intellettuale dell’intervistato, dilatando i tempi del discorso quando esso andava a cadere su quest’ultimo terreno, e predisponendo il soggetto a una sorta di pista introspettiva. In tale analisi vagamente teleguidata, si lascia spazio a digressioni intorno al proprio passato, si incentiva il percorrimento di sentieri mnestici che talvolta divengono anche del tutto indipendenti dalla descrizione dell’oggetto (Derrida), il quale pare arretrare sullo sfondo. In altri termini, immagine dell’oggetto ritratto e immagine del soggetto intervistato stanno tra loro secondo un rapporto di reversibilità non del tutto calcolabile.

Recensioni

201909ott(ott 9)2:00 pmDianoia: Recensione di Derrida chi? Un ritratto, tredici intervistedi Francesco Di Maio2:00 pm Dianoia, BolognaRassegna stampa:Derrida chi?

201812mag2:00 pmDoppiozero: Derrida chi?di Andrea Sartini(maggio 12) 2:00 pm Doppiozero, MilanoRassegna stampa:Derrida chi?

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