Uno dei maestri della filosofia italiana legge Dante. Il libro raccoglie tre saggi su tre luoghi esemplari delle tre Cantiche della Commedia, e si chiude con una riflessione di rara profondità sulla tecnica poetica del “Paradiso”. Carlo Sini mostra in queste pagine come in Dante si vada costruendo un inedito, circolare rimando tra il mondo degli affetti privati, il destino politico di Firenze e dell’impero, l’affresco generale della storia umana e della salvezza che la attende. Assistiamo così alla fondazione di una nuova identità – psicologica, etica, politica – dell’Occidente. Un’identità che vediamo oggi attraversare profondissime trasformazioni, non prive di una enigmatica fedeltà a quanto Dante vide e cantò nel suo capolavoro.
La parola poetica del Paradiso
Come intendere la parola poetica del Paradiso è una questione antica. Non ho bisogno di ricordare quante e quanto diverse, o contrastanti, posizioni critiche si sono succedute in proposito. Se stiamo a una tesi ancora oggi diffusa, l’Inferno sarebbe la cantica più poeticamente riuscita; il Purgatorio la seguirebbe da vicino; il Paradiso invece mostrerebbe una generale diminuzione della forza poetica. Qui l’elemento dottrinario, la filosofia e la teologia con le loro componenti politiche e morali, occuperebbero uno spazio sempre più rilevante, a detrimento della pura ispirazione ed espressione poetiche. Da tempo questa tesi è stata validamente contestata. Vorrei addurre a mia volta ulteriori argomenti critici per avvalorare un diverso giudizio, soprattutto suggerendo un lettura che tenga conto di un generale mutamento di prospettiva, ispirato a quel suono dell’invisibile di cui qui si tenterà di far questione.