Damiano Simoncelli (1991) è attualmente Cultore della materia presso la cattedra di Filosofia morale del Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali dell’Università “Ca’ Foscari” di Venezia, docente invitato di materie filosofiche presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale/Sezione del Seminario Arcivescovile di Genova e borsista del Centro Universitario Cattolico. I suoi interessi di ricerca vertono intorno all’etica e all’antropologia di Tommaso d’Aquino. Con l’editrice Orthotes ha pubblicato Natura, ragione e relazione. Una prospettiva sulla legge naturale a partire da Alasdair MacIntyre (2020).
Una legge nel conflitto, una legge per il conflitto
La legge naturale, nella sua lunga storia, è stata sempre vista come un fattore di unità, al di là del variare delle forme storiche del vivere e del concepire l’umano: una simile funzione non le è stata attribuita dall’esterno, bensí germoglia dalla radicalità della sua stessa pretesa, che è quella di dare voce alla costituzione dell’essere umano nei suoi strutturali orientamenti, quale che sia il particolare orizzonte culturale, sapienziale o religioso che questi inabita. La composizione di universale e particolare, pertanto, è stata una sfida che mai ha abbandonato i teorici della legge naturale e che oggi li interpella in maniera ancora piú acuta: se in epoche precedenti, infatti, il riconoscersi in un’eticità era fenomeno ordinario e il rendere conto di situazioni eccentriche esulava dall’esperienza quotidiana, ai nostri giorni si registra l’esatto opposto, soprattutto per quelle che MacIntyre definisce le “società dell’avanzata Modernità occidentale”. Pertanto, un discorso intorno alla legge naturale che non intenda presentarsi nei termini di un «residuo ideologico, utile in un passato non piú ripetibile alla detenzione del potere sulle coscienze e alla volontà di controllo del costume» deve oltremodo fare i conti con la pluralità dei punti di vista morali, non di rado fra di essi in conflitto. Si tratta di un compito cui MacIntyre non si sottrae: in parte già lo si è osservato nel precedente capitolo, laddove si è visto come la legge naturale e – di riflesso – alcuni impegni agatologici, lungi dall’essere incompatibili con il differire delle posizioni, costituiscano l’anima di questo stesso differire, se il differire è un differire veramente razionale.