Francesca Bianchi, Perché prendere la cura sul serio

Perché oggi si torna a parlare diffusamente di cura? Sia nel dibattito scientifico, sia in quello pubblico – soprattutto dopo la crisi economica e ambientale, la pandemia da Covid-19, la crescita della conflittualità nei contesti nazionali e globali – si assiste a una ripresa di interesse per questo importante fenomeno sociale.

Facendo prevalentemente riferimento a una letteratura eco-femminista e spaziando dall’analisi delle aspirazioni partecipative espresse da gruppi, movimenti sociali e critical citizens alle nuove pratiche socioculturali – tra cui le modalità abitative alternative, gli usi dello spazio pubblico e la comunità educante – il volume intende riflettere sulle attività di cura collettiva che sempre più prendono origine nella società contemporanea e coinvolgono significativamente gli spazi altri rispetto al tradizionale contesto famigliare e domestico, cercando di offrirne una nuova comprensione.

La cura riguarda ogni ambito della sfera vitale: dal contesto famigliare a quello amicale, dal vicinato ad un qualsiasi gruppo sociale, una comunità di identità o di luogo fino, in senso più ampio, all’intero ambiente. Ciò ha implicazioni cruciali poiché comprende le nostre relazioni con i microambienti in cui viviamo e la relazione collettiva dell’umanità con il pianeta, accanto all’ambiente più circoscritto di tipo domestico.

Riconoscimenti di questo tipo traggono origine dallo sviluppo di un dibattito che, in diversi settori, ha cercato di interrogarsi a fondo sullo sviluppo economico e sulle sue ricadute per la vita umana. Così, accanto a posizioni mainstream tese a evidenziare i processi di individualizzazione e il ruolo di crescente indipendenza e autonomia degli individui, una serie di studi condotti in ambito nazionale e internazionale, ha iniziato a considerare gli effetti di uno sviluppo economico sbilanciato, dalle ricadute critiche per gli esseri viventi. In effetti, accanto a opportunità inedite offerte dallo scenario di tarda modernità, il panorama della crescente globalizzazione ha fatto emergere anche rischi, incertezze e nuove vulnerabilità per l’individuo, che hanno finito per sollevare nuovi interrogativi. Inoltre, le ripetute crisi economico-finanziarie succedutesi tra fine ’900 e inizi anni 2000 hanno avviato riflessioni che hanno avuto il merito di porre l’accento sulla necessità di restituire l’economia alle esigenze del mondo sociale.

Se il capitale è stato sottratto alla funzione di generatore di reddito, lavoro, utilità sociale ed è stato via via destinato alla sua immediata riproduzione, messo a valore seguendo un’ottica di breve periodo, sacrificando il lavoro, i territori, la qualità della vita, lo spazio della natura, allo stesso tempo, è parso evidente come la produzione di ricchezza sia stata a favore di determinati strati sociali e a sfavore di altri. Sono così apparse evidenti le disparità e i divari nelle condizioni di vita di interi gruppi sociali. Da un lato, sono cresciute le disuguaglianze, dall’altro si è assistito a una insufficiente redistribuzione del reddito tra ampi strati della società. Così, c’è chi, nel dibattito, ha parlato della necessità di far leva sul concetto di capitale quotidiano riferendosi ad un costrutto tipico dell’economia fondamentale ovvero ad una forma di benessere materiale e collettivo su cui fondare le prospettive di una nuova cittadinanza, più attenta a considerare che la produzione deve essere al servizio della riproduzione del vivente e quindi vicina ai bisogni della vita quotidiana.

L’intero volume è scaricabile in formato pdf, sotto licenza Creative Commons, cliccando qui. Può essere liberamente condiviso, riprodotto, distribuito, comunicato ed esposto in pubblico, rappresentato, eseguito e recitato, con qualsiasi mezzo e formato.

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale. Per ulteriori informazioni clicca qui.

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