Friedrich W.J. Schelling, Criticismo e idealismo

Per la prima volta tradotti in italiano, questi scritti di Schelling aiutano a ricostruire quella svolta di pensiero che vide crescere, dalle radici del kantismo, una «nuova filosofia», che definire “idealismo” risulta ormai da tempo insufficiente e problematico.

«L’Autore scrive solo per coloro che preferiscono la verità ad ogni altra cosa e per i quali essa ha lo stesso valore sia che provenga dalla bocca dell’avversario, sia che provenga dalla propria; per coloro che nelle ricerche di ogni tipo – grandi o piccole, più o meno importanti – non tengono in conto la loro individualità e sono sempre i primi a rimproverare se stessi, non appena si dimostri loro che hanno sbagliato. Non si preoccupa, invece, di quegli uomini gretti e mediocri che coltivano le loro ricerche come una lezione a essi assegnata o come un lavoro quotidiano, da cui non si attendono nient’altro che lodi o sostentamento».

Il binomio criticismo e idealismo va assunto come indizio di una situazione variamente problematica: solo a questa condizione ci è lecito anticiparlo al titolo di quella rubrica del «Philosophisches Journal», che Schelling, tra il 1796 e il 1797, si impegnò a curare, pur tra tante difficoltà, per far piacere agli amici editori, Niethammer e Fichte, e per sostenere la comune causa della «nuova filosofia», di cui la rivista si presentava come organo. L’ultimo articolo della Rassegna generale della letteratura filosofica più recente uscì nell’ottobre del 1798. La collaborazione di Schelling, e di conseguenza la stessa Rassegna, non si interruppe per decisione unilaterale dell’autore né degli editori, bensì a causa della lunga sospensione della rivista dopo il divieto che aveva colpito il primo fascicolo del 1798, nel quale era apparso, con una premessa di Fichte, l’articolo di F.K. Forberg sullo Sviluppo del concetto di religione accusato di ateismo.

Nel rileggere lo scritto giovanile schellinghiano nella sua forma originaria, si ha modo di percepire la vis polemica con cui Schelling entrò nel dibattito filosofico allora in corso in Germania. Gli articoli dimostrano, infatti, come la questione dei rapporti tra l’«idealismo» e il criticismo kantiano fosse ancora ben aperta. Non possiamo dimenticare che agli occhi dello Hegel maturo il rapporto di Fichte e Schelling con Kant apparirà, in definitiva, di pura complementarità, come è attestato in particolare dalla mancata citazione del loro «idealismo», dopo il criticismo kantiano, fra le «posizioni del pensiero rispetto all’oggettività» nei «Preliminari» della Logica nella Enciclopedia, in favore piuttosto del sapere immediato di Jacobi. Quando Hegel scriveva, cioè nel 1817, una tale valutazione era naturalmente tutt’altro che scontata, ma essa, al di là delle ragioni teoriche e magari anche polemiche, aveva una base storica remota, che la Rassegna schellinghiana aiuta a ricostruire. Nel momento della sua uscita, non era ancora avvenuta la sconfessione pubblica da parte di Kant della nuova filosofia, che ostinatamente ma inutilmente lo aveva fatto oggetto di continue «provocazioni».

— Dall’Introduzione di Carlo Tatasciore

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