Pierre Bourdieu, Cose dette. Verso una sociologia riflessiva

Attraverso lunghe interviste con studiosi francesi e internazionali (antropologi, economisti e sociologi esperti di arte, religione, letteratura, ecc.), Pierre Bourdieu si spiega. Rende chiari alcuni aspetti oscuri e mal compresi delle sue ricerche, esplicita i presupposti filosofici dei suoi studi, evoca la logica concreta delle sue indagini e, nello stesso tempo, discute o rifiuta le obiezioni che gli vengono più spesso rivolte. La vivacità del discorso improvvisato permette di vedere all’opera una modalità di pensiero che può essere anche uno strumento, liberatore, di socioanalisi. Applicando a se stesso il metodo di analisi delle opere culturali che egli difende, processo che lo conduce a evocare lo spazio dei possibili teorici così come si presenta nei differenti momenti del suo itinerario intellettuale, Bourdieu offre i mezzi per ottenere una conoscenza sia oggettiva che comprensiva del suo lavoro. E nello stesso tempo è tutto il dibattito tra le scienze dell’uomo e la filosofia che, sfuggendo alle insinuazioni oscure della denuncia ipocrita o ai falsi lustri della polemica pubblica, si trova situato sul suo terreno più appropriato, quello del confronto rigoroso e leale.

Sociologi della credenza e credenze da sociologi

Esiste una sociologia della credenza? Credo che sia necessario riformulare la questione: la sociologia della religione, così come viene praticata oggi, ossia da produttori che partecipano a gradi diversi al campo religioso, può davvero essere una sociologia scientifica? E io rispondo: difficilmente; ossia soltanto a condizione che essa si accompagni con una sociologia scientifica del campo religioso. Una tale sociologia è un’impresa difficilissima; non che il campo religioso sia più complicato da analizzare rispetto a un altro (nonostante coloro che vi siano impegnati abbiano interesse a farlo credere), ma perché, quando vi si è dentro, non si può che partecipare alla credenza inerente all’appartenenza a un campo, qualsiasi esso sia (religioso, universitario, ecc.); mentre, quando ci si trova al di fuori, si rischia, in primo luogo, di omettere di iscrivere la credenza nel modello, ecc. (ci ritornerò), in secondo luogo di essere privati di una parte di informazione utile.

In cosa consiste questa credenza che è impegnata nell’appartenenza al campo religioso? La questione non è di sapere, come si finge spesso di credere, se coloro che si occupano di sociologia della religione credano o meno, e neanche se essi appartengano alla Chiesa. Si tratta della credenza legata all’appartenenza al campo religioso, quella che io chiamo illusio, investimento nel gioco, legato a interessi e profitti specifici, caratteristici di quel campo e delle poste in gioco particolari che esso propone. La fede religiosa in senso ordinario non ha niente a che vedere con l’interesse propriamente religioso nel senso in cui io lo intendo, ossia nell’avere qualcosa a che vedere con la religione, con la Chiesa, con i vescovi, nel prendere posizione: schierarsi con quel teologo contro quel dicastero, ecc. (lo stesso discorso varrebbe, evidentemente, nel caso del protestantesimo o dell’ebraismo). L’interesse è ciò che mi importa, ciò che fa sì che ci siano per me delle differenze pratiche (le quali non esistono agli occhi di un osservatore indifferente); è un giudizio differenziale che non è orientato solamente attraverso fini di conoscenza. L’interesse pratico è un interesse per l’esistenza o la non esistenza dell’oggetto (al contrario del disinteresse estetico secondo Kant e della scienza, che mette in sospeso l’interesse esistenziale): è un interesse per oggetti di cui l’esistenza e la persistenza dirigono, direttamente o indirettamente, la mia esistenza e la mia persistenza sociale, la mia identità e la mia posizione sociale.

Recensioni

201431mar(mar 31)2:00 pmSe il trespolo è sul pollaio quotidiano. Su cose dettedi Roberto Alciati(marzo 31) 2:00 pm L'indice dei libri del mese, TorinoRassegna stampa:Cose dette

201328set(set 28)2:00 pmNel segno creativo delle strategie. Su Cose dettedi Fabrizio Denunzio(settembre 28) 2:00 pm il manifesto, RomaRassegna stampa:Cose dette

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