Editoriale
Ci sorprende, ogni volta, costatare come sia difficile farci capire sulla pratica politica ‒ non solo la sua importanza ma perfino la semplice nozione ‒ anche da donne e uomini comunisti. Ci sorprende perché la tradizione marxista ha sempre messo l’accento sulla pratica. Basti pensare a Gramsci, che parlava di filosofia della prassi per indicare il pensiero stesso dei comunisti.
Vero è che fra la cultura di sinistra e la cultura del movimento delle donne la comunicazione è resa difficile da una notevole distanza di linguaggi e di posizioni. Distanza che, secondo noi, è dovuta proprio alla differenza delle pratiche. Vediamo dunque di misurare questa distanza alla luce delle diverse pratiche politiche.
Ci sembra che la pratica dominante nella sinistra sia (stata) l’organizzazione. A ciò corrisponde il fatto che la sinistra sia piena di organizzazioni. È organizzato il partito, sono organizzati i movimenti, è stata organizzata la stessa condizione umana (donne, giovani), per non parlare degli operai, dei contadini, ecc…
Settembre 2021, nei social network circolano le fotografie delle proteste di Extinction Rebellion nel distretto finanziario di Londra. Il movimento ecologista manifesta davanti alla Bank of England per chiedere al governo britannico di porre fine a tutti i nuovi investimenti nei combustibili fossili e di affrontare la crisi climatica. Decine di persone vengono fermate dalla polizia. Molte portano con sé cartelli che recitano: “Arrested for caring”. A mostrare i cartelli ci sono anche molti uomini, giovani e meno giovani, tra loro spicca un distinto signore bianco di mezz’età in completo grigio e cravatta. In italiano questo slogan può essere tradotto con “Mi arrestano perché mi prendo cura”, o “Mi arrestano perché mi preoccupo”. Chi, in questa occasione, si preoccupa e si prende cura? A chi è rivolta la cura e perché le persone che la esercitano compiono un atto illegale? La protesta denuncia la “finanza fossile” che sovvenziona la crisi climatica e i governi che stanno a guardare mentre la temperatura del pianeta aumenta. La sollecitudine, la preoccupazione e l’azione collettiva sono una risposta alla precarietà della vita su un pianeta ridotto in rovina da relazioni socio-ecologiche organizzate intorno al paradigma dello sviluppo economico.
Le immagini di Londra evocano due elementi che qui ci interessa sottolineare. Primo, indicano uno slittamento verso una forma di cura multidimensionale che risponde a dinamiche e problemi politici di portata sociale ed ecologica. La cura coinvolge le persone, gli esseri viventi e le componenti biosferiche e atmosferiche da cui dipende la vita umana sul pianeta. Implica non solo e non tanto una visione intersoggettiva quanto una “responso-abilità” che coinvolge esseri umani e non umani in relazioni di interdipendenza. Secondo, mostrano che la circolazione e la distribuzione della cura sono un ambito di conflitto tra una varietà di attori che immaginano e praticano modelli di cura divergenti. Caring, in questo contesto, significa anche lottare, dedicare energie e tempo per trasformare relazioni di potere asimmetriche…
L’idea di un universo plurale di alternative al capitalismo è qualcosa di relativamente recente, la cui presenza resta ancora marginale nel dibattito politico, nonostante sia il risultato naturale dell’affermazione dei recenti movimenti antisistemici, delle lotte per il superamento dell’eredità coloniale e del patriarcato, della rielaborazione del pensiero marxista, di quello socialista e di quello libertario. Negli ultimi decenni, in particolare, la critica allo sviluppo si è rivelata l’ambito principale in cui si è potuto pensare un’alternativa ai grandi progetti sociali della modernità, incluse le grandi esperienze di gestione collettivista dell’economia. Ciò ha comportato anche una diversa lettura della storia più recente e il ripensamento delle principali utopie sulle società liberate. In questo quadro l’irruzione delle visioni non-coloniali nella costruzione delle alternative sociali ha giocato un ruolo centrale, sebbene essa non abbia ancora pienamente dimostrato tutta la sua capacità di trasformare le categorie rivoluzionarie e la visione del nostro futuro. La critica decoloniale si è imposta soprattutto come lotta per il superamento dell’idea di un progetto civilizzatore portato avanti dall’Occidente. Decolonizzare le categorie significa tuttavia anche poter definire i processi di mutamento in modo differente, situando l’analisi al di fuori del determinismo storico della civiltà occidentale, al di là delle gerarchie che l’hanno sostenuta e che ancora sostengono l’architettura della società globale.
Le diverse iniziative tese a pensare, progettare e sperimentare l’idea di una società plurale e realizzabile in cui possano coesistere principi differenti di costruzione della realtà fanno parte di tale processo. Queste esperienze si sono affermate in un momento storico marcato da grandi trasformazioni che coinvolgono a un livello profondo tutte le forme di vita del pianeta e che porteranno in ogni caso a una grande metamorfosi della società globale…