Pochi compositori di prima grandezza possono vantare una fama mutevole come quella che ha segnato la storia della fortuna di Johannes Brahms (1833-1897). Difficile ed epigono, moderno e conservatore, classicista e romantico, arido e sentimentale: tale è apparso di volta in volta, in vita e negli oltre cento anni successivi alla sua morte, colui che venne presto etichettato come il “terzo B”, dopo Bach e Beethoven, della musica tedesca.
Questo volume, che presentiamo in una nuova edizione riveduta e ampliata, ne ripercorre in dettaglio l’intera opera, soffermandosi anche su composizioni pressoché sconosciute nel nostro Paese, in particolare la sua vasta produzione corale con e senza strumenti. La parte biografica è arricchita da capitoli dedicati al “romanzo familiare” di Brahms, alle sue vaste letture e alla poco nota attività che svolse per tutta la vita come musicologo, soprattutto in veste di curatore ed editore di musiche altrui, da Händel e Couperin sino a Schubert e Schumann. Fanno da controcanto all’esposizione ampie riflessioni sul suo fecondo rapporto con la musica del passato, nonché la ricostruzione dell’antagonismo che lo vide opposto all’altro grande protagonista del secondo Ottocento, Richard Wagner.
Gli aspetti contraddittori dell’uomo Brahms sono stati spesso messi in evidenza dagli studiosi. «Brahms l’ambivalente», «Brahms il terribile», «Brahms, solitario altruista», «Brahms: poeta e contadino» sono alcuni titoli di saggi dedicati alla sua personalità, e tutti ne accentuano o gli aspetti meno gradevoli ovvero le palesi antinomie che la caratterizzano. Lo psichiatra Peter Ostwald inizia il profilo clinico del compositore elencandone i tratti da Giano bifronte: un artista indagatore del passato ma insieme proiettato nel futuro; un tedesco del Nord, profondamente legato alla sua terra d’origine, che scelse di vivere nella “meridionale” Vienna; un uomo devoto alla famiglia, che adorava i bambini, ma che non si sposò mai; un amico ora generoso e gentile, ora capace di infami villanie. Karl Geiringer invece preferisce sottolinearne la simultanea attrazione e repulsione nei confronti di oggetti o azioni, scegliendo come motto per l’atteggiamento di Brahms nei confronti del mondo le parole immortali di Zerlina: «Vorrei, e non vorrei».
Brahms aveva il tipico carattere taciturno, all’occasione un po’ sdegnoso, del tedesco del nord. Tuttavia la sua natura scontrosa, poco socievole ed estremamente riservata non si spiega affatto solo con quello che Robert Minder ha chiamato «coefficiente regionale». Egli stesso si definì in varie occasioni ein Abseiter, “un uomo in disparte”: «Da molto tempo, o forse da sempre, ero e sono uno che se ne sta in disparte», scriveva a Billroth nel 1886; l’espressione «Ach, ich armer Abseiter», “ahimè, povero appartato che sono”, tornava spesso nelle sue conversazioni dell’età avanzata. Il tema dell’essere messi da parte, abbandonati da persone amate, è ricorrente nei suoi Lieder, come lo è il dialogo, spesso inquieto, tra madri e figli. Non è forse un caso che uno dei suoi ultimi brani pianistici, l’Intermezzo op. 117 n. 1, rechi un motto tratto dai Volkslieder di Herder: «Schlaf sanft, mein Kind, schlaf sanft und schön! Mich dauert’s sehr, dich weinen sehn» (Dormi bene, bimbo mio, dormi bene e sereno! Mi rattrista tanto vederti piangere). Brahms lo definì una «ninnananna per i suoi dolori»; la poesia da cui sono tratti i versi parla di un bambino abbandonato dal padre. Brahms doveva averla particolarmente cara, dal momento che se l’era annotata in un quaderno insieme ad altre simili.