Confesso che negli ultimi tempi mi sento in imbarazzo se devo rivolgermi a persone più giovani. Ho come l’impressione che le cose che io ho da dire per loro siano esasperanti. Mi dico che è forse una questione di invecchiamento: ho settant’anni, e probabilmente la mia percezione del futuro è legata a questo. Poi però, ho un secondo pensiero: l’invecchiamento non è soltanto un problema personale, perché un terzo della popolazione del nord del mondo ha più di sessantacinque anni. Questa annotazione di tipo demografico – che si salda paradossalmente con una persistente esplosione demografica nel sud del mondo, particolarmente nel mondo indù, nel mondo islamico e dell’Africa – questa duplicità di prospettive ci porta a quella che Donna Haraway, nel suo ultimo libro, definisce “inevitabilità dell’estinzione”. Un libro strabiliante, anche se enigmatico: l’estinzione è considerata nell’ordine dell’inevitabile per il fatto che, mentre il pianeta si va restringendo – il livello del mare si innalza, le coste dovranno essere abbandonate, entro il 2050 seicento milioni di persone dovranno abbandonare il posto nel quale vivono per spostarsi verso territori più vivibili –, allo stesso tempo la popolazione globale aumenta. In tal senso, dice la Haraway, non c’è possibilità di sopravvivenza della razza umana…