Roberto Garaventa, «La verità è ciò che ci unisce». Attualità del pensiero di Karl Jaspers

Nel mondo d’oggi, in cui le istanze veritative predominanti ‒ le scienze naturali e le fedi rivelate ‒ sembrano disposte a riconoscere valore alla filosofia solo se questa accetta di assumere una posizione loro subordinata, può il pensiero filosofico ‒ che da sempre incarna la tendenza dell’uomo a ricercare la verità, cioè a comprendere la realtà, a individuare il bene e il giusto e a costruire una vita saggia e felice ‒ rivendicare ancora una sua specificità e una sua autonomia? È a fronte di questa questione decisiva che la prospettiva illuministico-liberale di Karl Jaspers ‒ psicopatologo e filosofo al contempo ‒ mostra tutta la sua attualità. Infatti, pur criticando ogni forma di scientismo, cioè ogni forma di fede superstiziosa nelle capacità del sapere scientifico di dare risposte alle questioni filosofiche di fondo (circa il senso dell’esistenza, i comportamenti morali e sociali, i modelli di vita buona, di giustizia, di felicità), egli si guarda bene, da un lato, dallo svalutare l’importanza della scienza e della tecnica. Dall’altro, pur senza negare la dimensione metafisico-religiosa dell’esistenza, non si fa scrupolo di mettere radicalmente in discussione la pretesa assolutistica delle religioni storico-positive di possedere la verità circa le grandi questioni sopra ricordate, rifiutando decisamente per la filosofia il ruolo di ancilla theologiae. Se vuole avere ancora un ruolo nella contemporaneità, il pensiero filosofico deve quindi pensarsi nella sua differenza specifica rispetto sia alla scienza che alla religione, senza confondersi con (o sottomettersi a) qualcosa di ad essa estraneo.

La filosofia nel suo rapporto con la scienza

La convinzione della necessità di chiarire che cosa siano propriamente la scienza e la filosofia e in che rapporto stiano fra di loro, nasce in Jaspers dalla considerazione dello stato del pensiero filosofico agli inizi del XX secolo. In questo periodo, infatti, la filosofia non solo prende decisamente a modello le scienze empiriche esatte, ma tende a comprendersi a sua volta come una scienza accanto alle altre. Non a caso, a fronte dei successi e dei progressi delle scienze metodiche, alcuni eminenti filosofi del tempo cercano di sviluppare una filosofia “scientifica”, una filosofia cioè che sia in grado di gareggiare alla pari con le scienze naturali in fatto di chiarezza assertiva, cogenza dimostrativa e ambito/grado di validità. È il caso della fenomenologia di Edmund Husserl, del neokantismo di Heinrich Rickert e del positivismo logico di Rudolf Carnap – forme di pensiero filosofico sviluppatesi in reazione a una metafisica (quella arrivata a conclusione con Hegel) che appariva non più sostenibile. Di fronte a questi tentativi di costruire una filosofia all’altezza delle scienze empiriche, però, il giudizio di Jaspers è lapidario: una filosofia «scientifica», che cerchi di appagare una «volontà-di-sapere» che solo le scienze empiriche sono in grado di soddisfare, non può che andare incontro allo scacco. La filosofia non può, infatti, offrire alcun sapere cogente; e questo non per l’inadeguatezza della sua impostazione, ma per il fatto che in generale non può offrire un sapere come quello delle scienze. Inoltre una filosofia scientifica non è nemmeno in grado di dare un’adeguata risposta alle questioni ultime dell’esistenza.

Recensioni

201723dic(dic 23)2:00 pmIl Foglio: Karl Jaspers, il senso dell’esistenzadi Davide D'Alessandro2:00 pm Il Foglio, MilanoRassegna stampa:Attualità del pensiero di Karl Jaspers

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