Arnold Schönberg (1874-1951), compositore ebreo austriaco, è stato uno dei personaggi più eminenti della musica e dell’arte del ’900. A lui si deve una riformulazione del linguaggio musicale sfociata nell’invenzione della dodecafonia. Nel 1933, dopo l’ascesa al potere di Hitler, si stabilì negli Stati Uniti, dove dal 1936 ebbe una cattedra all’Università di Los Angeles. I suoi numerosi scritti hanno influenzato generazioni di musicisti.
Supponiamo che una persona vada a vedere gli edifici dell’antica Roma o i famosi quadri del Louvre a Parigi, o che legga una poesia di Goethe o un complicato racconto giallo di Poe. Quali saranno le sue reazioni?
A Roma potrebbe fantasticare del potente impero romano, degli schiavi che ne costruirono i monumenti, dei cittadini che assistevano ai giochi pubblici. Al Louvre potrebbe di nuovo abbandonarsi alla fantasia. Un dipinto religioso gli ricorderebbe i racconti biblici, una scultura mitologica farebbe rivolgere il suo pensiero al paganesimo. Leggendo la poesia di Goethe la collegherebbe alla vita di questo grand’uomo. Ricordando l dolori del giovane Werther finirebbe per pensare all’opera, Werther, di Massenet – che scrisse anche Manon, che gli piace di più.
Un bel sogno!
E avrebbe assolutamente ragione a non opporre resistenza alle tentazioni della sua fantasia. Ma sarebbe consigliabile lo stesso atteggiamento se stesse leggendo un racconto giallo? Fantasticando su argomenti più o meno correlati, per quanto possano essere interessanti o belli, riuscirebbe ad assimilare e ricordare i dettagli che contemporaneamente nascondono e rivelano l’assassino?
Non è molto grave non trovare la soluzione di tali delitti. Ma se i primi esempi non chiariscono dove voglio arrivare, allora dovrebbe chiarirlo il caso del racconto poliziesco: non si può rendere giustizia a un’opera d’arte permettendo alla propria fantasia di vagare su altri argomenti, collegati o meno. Davanti a un’opera d’arte non si deve fantasticare, ma si deve cercare accanitamente di coglierne il significato.