Antonio Trupiano insegna Epistemologia, Metafisica ed Ermeneutica presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (Sez. San Luigi, Napoli) dove attualmente è Direttore del Settore Filosofico. Il suo principale interesse di ricerca verte sulla dimensione sapienziale della ragione. È autore di numerosi saggi su temi e problemi di filosofia contemporanea, con particolare riferimento ad autori quali D. Bonhoeffer, B. Lonergan, H.-G. Gadamer, X. Zubiri.
Il 17 marzo 1891 – a distanza di trent’anni dall’unificazione dell’Italia – circa 600 (576) migranti italiani diretti in America naufragarono al largo di Gibilterra dopo essere partiti da Napoli con il piroscafo chiamato “Utopia”. L’imbarcazione apparteneva ai britannici della “Anchor Line” ed era stata costruita a Glasgow nel 1874 dalla “Robert Duncan & Co”, seconda di tre navi gemelle di proprietà della medesima Compagnia dei fratelli Henderson. Partita da Trieste il 7 marzo, fece scalo a Messina e a Palermo per poi attraccare nel porto di Napoli. Dalle sentenze del processo emerse che vi fu un difetto nella quantità di carbone che costrinse il piroscafo a fermarsi quella notte, prima di affrontare l’oceano. Secondo le leggi del tempo, era necessario avere a bordo una quantità di carbone superiore di un quinto rispetto alle esigenze del viaggio. In base alle previsioni, sarebbero state utili mediamente dalle 288 alle 360 tonnellate di carbone, più un quinto di scorta. L’imbarcazione partì con sole 120 tonnellate di carbone e disponeva di sette scialuppe di salvataggio in grado di ospitare fino a 460 persone in condizioni di tempo moderato. A bordo vi erano 880 persone, di cui 59 costituivano l’equipaggio. Tre i passeggeri di prima classe, tutti gli altri di terza. Il viaggio da Napoli a Gibilterra durò cinque giorni a causa delle avverse condizioni. Il capitano John McKeague si ritrovò oltre Punta Europa poco dopo le 18.00 e si accorse che all’ingresso del porto due corazzate militari rendevano difficile l’ancoraggio. Durante la manovra l’ariete sottomarino della corazzata Anson sventrò il piroscafo con un taglio netto: la poppa affondò rapidamente e in pochi minuti rimase fuori solo la prua. Dal resoconto del disastro apparso sul quotidiano americano Indiana State Sentinel risultò che l’incidente fu causato dallo speronamento da parte della corazzata Anson che stava andando alla deriva prima della burrasca. Dopo circa 15 minuti dal momento in cui l’Utopia si inclinò paurosamente non consentendo nemmeno di calare in mare le scialuppe di salvataggio, la nave affondò con tutto il carico umano. Pochissimi riuscirono ad aggrapparsi a pezzi di rottami mantenendosi a galla fino al salvataggio da parte delle scialuppe calate dalle navi militari. Poco più di 300 i sopravvissuti, metà dei quali rientrarono a Napoli dopo circa una settimana di permanenza a Gibilterra, mentre gli altri proseguirono per New York con un’altra imbarcazione della compagnia britannica. Le navi presenti nella zona si adoperarono per un’operazione di salvataggio estremamente complicata, alcuni dei soccorritori persero la vita nel tentativo disperato di salvare il maggior numero possibile di naufraghi.